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Tag Archives: Metropolitana di Milano

Il cantiere per la ristrutturazione della fermata Centrale FS delle Linee 2 e 3 è stato aperto nel 2010, e adesso, dopo le vicissitudini dovute a problemi della ditta appaltatrice, ecco il primo risultato visibile. La fermata della Linea 2 fu inaugurata il 27 aprile 1970, quella della Linea 3 il 3 maggio 1990. Il progetto architettonico fu affidato nel primo caso sempre al team Albini-Helg-Noorda, e nel secondo caso al team Cappelli – Dini; va notato, però, che la conformazione delle due stazioni, come sempre progettata dalla MM, ha alcune fondamentali diversità rispetto allo standard delle due linee. I soffitti più alti, la presenza di pilastri a sezione circolare, il sistema di risalita e il grande foro a cielo aperto costituiscono un unicum, con la stazione Amendola; uno dei pochi casi dove l’intervento degli architetti fu maggiore. Per la linea 3 tutto cambia a causa della necessità di connettere le due linee, così i corridoi di connessione sono situati sotto le banchine anziché sopra.

Con i lavori di ristrutturazione della Stazione Centrale, Grandi Stazioni ebbe anche l’incarico di ristrutturare la piazza Duca d’Aosta e tutto il complesso di ambienti ipogei in essa contenuti. L’intera operazione costituisce un lotto di appalto autonomo; questo fece sì che i lavori partissero già in ritardo, inoltre il fallimento della ditta appaltatrice e il procedere della crisi non favorirono la conclusione dei lavori. Così, ripresi i cantieri nel 2012, dapprima si è proceduto alla riapertura, ancora parziale, della piazza ripavimentata, e adesso si possono osservare i primi frutti della ristrutturazione della stazione. Recentemente l’amministrazione comunale è intervenuta su questo cantiere chiedendo un’accelerazione dei lavori anche in vista dell’Expo, la speranza è che finiscano anche prima.

Serie di rendering diffusi nel 2011.

Il primo ambiente ristrutturato è proprio il punto focale dell’intera struttura, il foro o “buco” dal quale si possono vedere, uscendo dai tornelli, sia la Stazione Centrale, sia il grattacielo Pirelli. Il buco, come previsto, è stato “riempito” con un nuovo blocco di scale fisse e la predisposizione per un ascensore da installare proprio al centro. Dal punto di vista architettonico vi sono notevoli differenze rispetto ai rendering diffusi qualche anno fa, e molti sono i dettagli da analizzare. Ovviamente il foro, così modificato, perderà in parte le sue caratteristiche per permettere la creazione di scale fisse in sostituzione di quelle che verranno cancellate dalla presenza dei tappeti mobili. Inoltre l’ascensore, che precluderà l’ingresso della luce e la visuale, andrà sì a colmare una mancanza ormai insostenibile, ma di fatto farà si che chi la utilizzerà dovrà poi attraversare, allo scoperto, una parte della piazza per accedere alla stazione ferroviaria, mentre il resto dell’utenza usufruirà di un percorso completamente coperto.


Dal punto di vista dei dettagli il progetto si divide in due, da un lato l’utilizzo del serizzo ghiandone per i gradini e delle canaline luminose sono chiaramente in connessione con l’allestimento originale (con ovvio aggiornamento tecnologico). Anche la colorazione e il trattamento superficiale dei pilastri è pienamente iscrivibile nello stile albiniano; l’originale intenzione di ricoprire con rivestimenti di acciaio queste strutture sembra essere stata cancellata. Il corrimano, invece, in alcuni tratti sembra voler riprendere la versione originale, per essere completo manca il colore verde; mentre nel lato verso l’ascensore è di forma e tipo completamente diverso. In fondo questo è anche spiegabile con il fatto che in origine la balaustra era sempre costituita da un muro e questo avrebbe appesantito troppo la struttura. Quello che cambia è nuovamente il pavimento, con il ritorno del gres porcellanato grigio, che in passato fu oggetto di molte critiche, in una versione simile a quello usato nella fermata Loreto, quindi antiscivolo. Nel pavimento sono già state inserite le piastrelle Loges per la guida dei non vedenti.

Il nuovo pavimento e quello vecchio.

Una colonna restaurata, e, ovviamente, già sporcata.

Il corrimano delle scale.

Il colore scelto è sicuramente il migliore tra quelli utilizzati nelle ristrutturazioni degli ultimi anni.

Il nuovo corrimano che richiama quelli originali.

I pannelli originali ancora esistenti.

La colonna nell’allestimento originale, dopo 40 anni di vita.

La base per l’istallazione dell’ascensore.

Ancora mistero sulla permanenza, assai auspicata, dei pannelli di acciaio smaltato originali, per adesso ancora tutti presenti, come presenti erano nei rendering. Opportunamente ripuliti e reinstallati sarebbero in grado di mantenere una delle caratteristiche fondamentali dell’allestimento originale più piacevoli e funzionali. Per quanto riguarda il resto, è iniziata la rimozione dell’intonaco originale in alcune parti del soffitto e delle scale fisse, per permettere l’installazioni di nuovi impianti e di ripristinare alcuni danni del tempo.

© 2013 Minici Giovanni Luca – www.metroricerche.it, si accosente l’uso di questo articolo citandone l’autore.


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Quest’ opera è distribuita con licenza Creative Commons Attribuzione – Non commerciale – Non opere derivate 2.5 Italia.

Recentemente è stato pubblicato un nuovo volume sulla lunga storia grafica della metropolitana di New York: Vignelli Transit Maps, di Peter B. Lloyd con Mark Ovenden, edito dalla Rit Cary Graphic Arts Press. Il nuovo volume è dedicato espressamente alla cosiddetta mappa Vignelli, ovvero lo schema grafico delle linee disegnato dal 1970 dal famoso grafico milanese Massimo Vignelli. Questo mappa è il must assoluto nel settore; non è la sola famosa, la mappa londinese disegnata negli anni ’30 da Beck è senz’altro più nota, anche al pubblico generico, ma la mappa di Vignelli è quella più ricercata dai collezionisti. La sua ricercatezza è dovuta alla scarsa diffusione e durata della sua distribuzione parallelamente al suo grande valore estetico che l’ha resa un oggetto interessante anche al di fuori dei circuiti specializzati a chi s’interessa alla sola tematica dei trasporti su ferro. Questo ha causato la crescita del suo valore economico (rigorosamente per pezzi originali) che tocca le quotazioni solo delle mappe più antiche, come quelle create a Londra prima dell’avvento di Beck, nonostante sia stata stampata tra il 1972 e il 1978.

Mappa progettata da Bob Noorda ma mai usata.

Nel merito questa mappa rappresenta il culmine di quella rivoluzione estetica che coinvolse la subway newyorkese a partire dal 1966. Come già accennato in un precedente post, il tutto fu messo a punto dal team composto dallo stesso Vignelli, e il suo studio Unimark, e da Bob Noorda dopo il successo del progetto Milanese, in cui solo il secondo era direttamente coinvolto. Tutto ciò è perfettamente descritto in un altro volume, pubblicato l’anno scorso Helvetica and the New York City Subway System, di Paul Shaw. C’è da dire che a Milano non risulta al momento lo studio di alcuna mappa da diffondere al pubblico, progettata dal team Albini-Helg-Noorda nel 1964, fatto salvo uno studio per quelle da affiggere in stazione. Ne esiste una, di cui posto l’immagine, conservata alla Raccolta Civica Bertarelli di Milano; non ho mai trovato altre copie o aggiornamenti di questa mappa, né in biblioteche (non mi stupisce) né in vendita. Dal punto di vista grafico, la mappa milanese non sembra figlia di alcuno studio specifico, in parole povere non è esteticamente rilevante. Ci vorranno gli anni ’70 per avere delle mappe graficamente studiate e diffuse in quantità agli utenti, anche di queste vorrei inserire l’immagine, ma essendo grandi come quelle attuali il processo richiede più tempo. Comunque a Milano l’intero capitolo non è stato mai oggetto di uno studio pari a quello di Londra, Parigi, Madrid o New York, anche le ultime versione schematiche non sembrano rispondere a logiche precise né tanto meno standardizzate, chiave portante delle mappe che hanno ottenuto il maggior successo.

Milano: mappa affissa in stazione, prima versione del 1965.

Milano: prima versione nota di mappa distribuita al pubblico, probabilmente risalente al 1965 E’ ignota la diffusione. (Civica raccolta stampe Bertarelli)

Per quanto riguarda il libro, gli autori hanno focalizzato la loro attenzione alle sole mappe. Si parte con un’analisi storica delle due versioni standardizzate precedenti: la Hagstrom Geographic Map e la Salomon Modernist Diagram , la prima disegnata da Andrew G. Hagstrom creata nel 1942 e la seconda disegnata da George Salomon nel 1956, che rappresenta il primo abbozzo della riforma grafica della subway. Successivamente viene ampiamente trattata la genesi della mappa di Vignelli inserendola nel più ampio, ma generico, contesto dell’arrivo del modernismo europeo in America, soprattutto nella grafica. Interessante quanto scrive lo stesso Vignelli a proposito: “Our basic philosophy was that of providing the highest possible level of design service to the industry on the widest possible base of action. The common design philosophy was basically the one of the Bauhaus and Mies [van der Rohe] in particular. The attitude was for objectivity rather than subjectivity in design. The field of action was universal (Uni-Mark = universal market), with the idea of merging design and marketing needs (not wants!) of the world. […] Minimalism is not a style, it is an attitude, a way of being. It’s a fundamental reaction to noise, visual noise, disorder, vulgarity. Minimalism is the pursuit of the essence of things, not the appearance.” Nello specifico l’autore sottolinea come le peculiarità di questa mappa minimalista consistono nella completa astrazione dalla geografia reale dei luoghi, nella decisione di assegnare ad ogni linea un colore diverso, anziché raggrupparle in base al loro transito in Manhattan, oltre al già sperimentato uso di angoli e spessori prefissati.

Copertina della mappa “Salomon” della metropolitana di New York, 1959 (collezione dell’autore)

Copertina della mappa Vignelli del 1972 (collezione dell’autore)

La mappa Vignelli.

Autografo di Vignelli su una sua mappa. (collezione dell’autore)

Manca un riferimento preciso all’esperienza Milanese sebbene Noorda sia, diversamente, citato più volte. La monografia prende poi in considerazione la definizione dei dettagli della mappa e la loro evoluzione nel tempo; infatti sono proprio i nodi complessi, quelli dove più linee si sovrappongono, che causa i maggiori problemi nella stesura grafica della mappa. Nel volume viene anche descritto il progetto grafico per la metropolitana di Washington, opera dello stesso Vignelli. Infine viene descritta la mappa che dal 1979 sostituì quella di Vignelli, e che tuttora è in uso, con le sue vistose differenze come la forte componente geografica, il raggruppamento cromatico delle linee e l’assenza di qualsiasi elemento geometrico prefissato.

Il volume è senz’altro interessante e ben documentato, ricco di riferimenti e con ampia bibliografia e corredo di immagini a colori e bianco e nero. Pare dovesse far parte di una collana di volumi ognuno dedicato ad una delle mappe disegnate per New York. Certamente rientra in un filone che vuole riscoprire una storia estetica dei trasporti che sembra, finalmente, crescere soprattutto nei paesi anglosassoni, dopo una lunga egemonia dei soli aspetti ingegneristici delle metropolitane; un movimento di opinione utile anche, nel creare consapevolezza nei progetti presenti e futuri, si spera.

Sito casa editrice/Publisher website: http://ritpress.rit.edu/publications/books/vignelli-transit-maps.html

A new book about metro has been recently published; it describes the long history of the New York’s subway graphics: Vignelli Transit Maps, by Peter B. Lloyd with Mark Ovenden, published by Rit Cary Graphic Arts Press. This new volume deals exclusively with the so-called Vignelli map, the diagram of the subway lines drawn in 1970 by the famous Milanese graphic designer Massimo Vignelli. This map is a must-have in the field. This is not the only famous map, the London one designed in the ’30s by Beck is certainly better known, even to the general public, but the map of Vignelli is the most wanted by collectors. Its preciousness is due to the low uptake and duration of its distribution, parallel to its great aesthetic value that transformed in a very interesting for every design collector. This cause the continuous growth of its economic value (strictly for original pieces), that touches the quotes that only the oldest maps can reach.

The Vignelli’s map is the culmination of the aesthetic revolution that involved New York’s subway since 1966. This revolution was developed by Vignelli and its company Unimark, and Bob Noorda after the success of the project of Milan first metro line. This event is perfectly described in another book, published last year: Helvetica and the New York City Subway System by Paul Shaw.

The author has focused his attention only to the maps. He made an historical analysis of the two standardized previous version of the map: the Hagstrom and Salomon Modernist Diagram; the first one designed by Andrew G. Hagstrom created in 1942, and the second one designed by George Salomon in 1956, which represents the first part of the reform of the subway graphics. The genesis of the Vignelli map is described in the main section of the book, first writing about the arrival of European modernism in America, especially in graphics; the same Vignelli describes this event with these words: Our basic philosophy of providing Was that the highest possible level of service to the design industry on the widest possible basis of action. The common design philosophy was basically the one of the Bauhaus and Mies [van der Rohe] in particular. The attitude was for objectivity rather than subjectivity in design. The field of action was universal (Uni-Mark = universal market), with the idea of merging design and marketing needs (not wants!) Of the world. [...] Minimalism is not a style, it is an attitude, a way of being. It’s a fundamental reaction to noise, visual noise, disorder, vulgarity. Minimalism is the pursuit of the essence of things, not the appearance. “Minimalism consists in: complete abstraction from the correct geography of the city, the decision to assign a different color to each line, rather than group them according to their transit in Manhattan, and the use of 45 and 90 degree grid.

A reference to the experience of Milan metro is totally missed but Noorda is, otherwise, mentioned several times. The monograph considers then the definition of map detail and its evolution between 1972 and 1979. The complex nodes, where more lines overlap, cause the main problems in the graphic layout of the map. The book also describes the graphic design project for the Washington subway system, created by Vignelli himself. Eventually we find the description of the map created in 1979 to replace Vignelli’s map: it is the one still in use today. There are many striking differences between the two maps; the new one has a perfect geographical description of the city, lines colors are grouped and the whole geometrical design is missing. The book is certainly interesting and well documented, full of references and with an extensive bibliography, a huge collection of images both in color and b/w. Originally it should have been part of a series of books, each one dedicated to one of the maps drawn for New York subway. The trend that wants to rediscover the design and architectural history of transport seems, at last, to grow, especially in Anglo-Saxon countries, after a long hegemony of the engineering aspect.

© Minici Giovanni Luca – www.metroricerche.it, si accosente l’uso di questo articolo citandone l’autore.

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Osservando la fermata Garibaldi della Linea 2 di Milano si nota facilmente che la sua conformazione è completamente diversa dal resto delle stazioni. Non solo per la presenza dei due binari laterali non utilizzati, ma anche per il posizionamento delle scale, per la forma delle strutture e per l’ampiezza del mezzanino (sebbene in parte chiuso). I motivi sono stanzialmente due, il primo è il periodo e il contesto della sua costruzione. Questa fermata fu costruita parallelamente alla Linea 1, durante la realizzazione della stazione ferroviaria che sostituì l’edificio detto delle “Varesine” nell’omonimo isolato. Uno di quei casi di lungimiranza che hanno fatto si che il tutto fosse realizzato in un unico cantiere anziché sconvolgere nuovamente il quartiere per realizzare la metropolitana giusto qualche anno dopo. La seconda ragione è una diretta conseguenza della prima, infatti oltre alla Linea 2 il Comune era seriamente intenzionati e convinti di realizzare anche un altro progetto: le Ferrovie Celeri della Brianza, progetto parzialmente simile a quello delle Ferrovie Celeri d’Adda che furono subito realizzate e ora costituiscono il ramo Cimiano – Gorgonzola della Linea 2.

Quindi le diversità strutturali sono dovute alla comunanza con quelle progettare per la stazione ferroviaria, presumibilmente prima della progettazione strutturale della metropolitana; mentre i due binari laterali e alcune porzioni del tunnel verso Moscova furono realizzate per accogliere le Ferrovie Celeri della Brianza.

Questo progetto nasce dall’idea di ATM di sostituire le tranvie Milano – Desio e Milano – Mombello utilizzando la tecnologia della guida vincolata su pneumatici ideata dalla Società Strada Guidata. Questo sistema era stato proposto anche per la Linea 1, ma non fu accolto; va considerato come, più avanti, avrà invece un immenso successo a Parigi e poi con il sistema VAL e in Giappone. Dal punto di vista infrastrutturale non vi sono molte informazioni su questo progetto, a parte la corografia qua riportata. Esistono solo poche tracce, come i binari laterali della fermata Garibaldi, che in realtà dovevano essere adibiti alla Linea 2, mentre quelli centrali alle Ferrovie Celeri, gli allarghi nel tunnel verso Moscova e il ponte ferroviario su viale Fermi. In questo caso la nuova linea sarebbe dovuta transitare a raso sotto lo spazio a sinistra. Presumibilmente la rampa di uscita doveva trovarsi non molto distante da piazzale Maciachini dove doveva esserci anche lo svincolo a più livelli dell’asse di via Fermi, poi mai realizzato.

Ponte ferroviario su viale Fermi.

Sezione del tunnel delle Linee Celeri della Brianza con tue prototipi di vettura.

Bibliograficamente parlando il volume che meglio descrive il progetto è: Si viaggia anche così, Francesco Ogliari e Giovanni Cornolò, Arcipelago Edizioni, Milano 2002. Capitolo 16 I sistemi gommati a guida vincolata (1929-1967); Il progetto delle linee Celeri della Brianza e il circuito sperimentale di Chivasso (1961-1963). Anche se il capitolo tratta soprattutto dei veicoli. Purtroppo nessun documento specifico è stato trovato presso biblioteche o archivi: probabilmente solo ATM o, ancor più, le Ferrovie dello Stato potrebbero saperne di più, visto che entrambi i progetti riguardavano integrazioni di infrastrutture ferroviarie. Il binario laterale Ovest e stato adesso integrato nel sistema della Linea 5, per l’unica interconnessione con la rete esistente, trovando finalmente uno scopo.

Il nodo Garibaldi prima dell’inserimento della Linea 5

Il nodo Garibaldi con le Linee Celeri della Brianza (ipotesi).

Il nodo Garibaldi oggi.

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Qualche giorno fa una persona mi ha detto che trovava ridicolo che ATM, che gestisce le metropolitane a Milano, avesse scritto su alcuni cartelloni che le scale mobili della Linea 1 devono essere riparate o sostituite perché ormai risalenti al 1964. In sostanza non credeva che nel 1964 ci fossero già le scale mobili e che quelle che vediamo ancora oggi nelle stazioni più vecchie, siano lì da quell’anno.


Invece sì, le scale mobili sono lì dal 1964, anzi alcune forse da qualche anno prima, a seconda della cronologia del cantiere. La scala mobile non è un’invenzione così recente come molti possono pensare.


Un primo tentativo, assai generico, fu presentato sotto forma progettuale da Nathan Ames nel 1859, successivamente da Leamon Souder nel 1889 e infine da Jesse W. Reno nel 1892, che ne è considerato l’inventore ufficiale. Il suo prototipo fu poi realizzato dalla compagnia Otis, fondata dall’inventore dell’ascensore Elisha Otis. Le prime scale avevano parti metalliche ma gradini in legno, materiale che resisterà per decenni e che è ancora possibile trovare in alcune scale, anche se il più economico passaggio all’acciaio e soprattutto pesanti motivi di sicurezza ne hanno visto la quasi totale scomparsa. Per esempio tutte le scale mobili in legno furono rimosse dalla metropolitana di Londra dopo il grave incendio della stazione King’s Cross, nel 1987, che costò la vita a trentuno persone. Incendio causato da un fiammifero usato per accendere una sigaretta, pratica che tra l’altro era già vietata dal 1985. In realtà ne sopravvive ancora una nella stazione di Greenford sulla Central Line.


Londra, 1938: sistemi di sicurezza.


Londra, l’ultima scala con gradini in legno rimasta, stazione Greenford, Central Line.


Una scala mobile della metropolitana di Mosca, tra le più lunghe e rapide.

A Milano, il problema dei guasti alle scale mobili sembra essersi intensificato negli ultimi due anni, e non in maniera strettamente legata all’anzianità degli apparati, dato che anche scale mobili degli anni ’70 e ’80 sono in riparazione, ma forse ad un diminuito livello di manutenzione. Storicamente l’introduzione delle scale mobili in tutte le stazione della metropolitana, inizialmente solo tra banchina e mezzanino e solo in uscita, costituisce un’altra delle grandi innovazione introdotte con la Linea 1 di Milano. Sebbene anche in altre metropoli l’uso delle scale mobili era ormai uno standard, ciò si limitava più che altro alle stazioni profonde o a singoli progetti. Oggi, qualsiasi nuova stazione della metropolitana è dotata di impianti analoghi, e la maggior parte vede coperto l’intero percorso dalla banchina alla superficie in ambedue le direzioni. Inoltre la rinascita dell’ascensore come sistema di risalita, oltre che come antidoto alle barriere architettoniche, sembra avviata; Roma con la B1 e Barcellona con la linea 9 vedono il ritorno a questa tipologia che permette di sfruttare grandi profondità permettendo risalite più rapide che con le scale mobili. In altri casi, come Copenhagen, le scale mobili hanno completamente soppiantato quelle fisse, nascoste dietro le pareti e adibite alla sola emergenza.

Ricordatevi di tenere la destra quando usate le scale mobili!


Milano, 1964: prima versione delle banchine senza scale mobili.


Milano, 1964: versione definitiva con le scale mobili con lo studio dei flussi analizzato da Bob Noorda.


Milano, 2006: scala mobile della stazione Pagano.


Milano, 2012: il cartello affisso da ATM.


Milano, 2013: cartello e cantiere presso la stazione Moscova.


Milano, 2013: interno del cantiere preso la stazione Moscova.


Spaccato assonometrico di una stazione tipo della Linea 4 di Milano.


Rendering di una stazione tipo della Linea 4 di Milano.

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Finalmente oggi 10 febbraio 2013, alle ore 11,00 è stata inaugurata la Linea 5 della Metropolitana di Milano. Con qualche ritardo, ma ampiamente in anticipo considerando le tempistiche italiane, sono state aperte le prime sette stazioni.

La linea 5 nasce con il Piano dei Trasporti Pubblici redatto dal Comune nel 1990 dove veniva illustrata la necessità di creare una linea tranviaria tra il Comune di Cinisello Balsamo e l’asse di viale Fulvio Testi, viale Zara e Piazzale Lagosta – già serviti dalla rete tranviaria – fino alla stazione Garibaldi con due tratti in sotterranea, tra il capolinea di Cinisello fino all’ospedale Bassini e tra viale Marche e la stazione Garibaldi, con la possibilità di realizzare il resto della tratta in viadotto, introducendo così quello che all’epoca veniva definitivo un sistema innovativo, ovvero una metropolitana leggera. L’idea ebbe successo nella sua forma tranviaria, tanto da avviare l’iter per i finanziamenti.
Nel Piano Urbano della Mobilità 2001-2010 l’originale tranvia Cinisello – Garibaldi viene convertita in metropolitana, sempre di tipo leggero, che avrebbe sfruttato i finanziamenti per la tratta in sotterraneo del tram pensato con il primo progetto, con l’aggiunta di una nuova tratta in sotterraneo tra viale Marche e via Bignami. Contemporaneamente all’avvio dell’attività progettuale fu presa in considerazione la realizzazione di un’ulteriore Linea – detta M6 arancio – anch’essa in sostituzione di una tramvia, la Milano Garibaldi – Settimo Milanese.

Il 17 maggio 2006 fu aggiudicata la gara alla costituita ATI, di cui Astaldi Spa è mandataria, la quale a sua volta costituì la società Metro 5 S.p.A. per la stipula della convenzione di costruzione e gestione della linea nella tratta Garibaldi – Bignami. Nel contempo il Comune verificò la possibilità di unire la Linea 5 con la Linea 6, entrambi con capolinea presso la Stazione Garibaldi. La scelta fu giudicata ottimale e fu subito avviato un iter per modificare il progetto non solo della metropolitana ma anche del complesso edilizio di Porta Nuova in costruzione nella stessa area e nei sotterranei del quale si sarebbe dovuto trovare il capolinea della MM5. Modificato il progetto e finanziate le modifiche, nel mese di agosto 2007 partirono i lavori lungo l’asse Zara-Testi.

Nel mese di novembre 2007 la Regione ha approvato il progetto preliminare del prolungamento verso lo stadio San Siro, sancendo definitivamente l’unicità tra la Linea 5 e la vecchia Linea 6. Oltre al prolungamento ad Ovest è previsto anche il prolungamento verso Monza, sul quale però non ci sono ancora elementi precisi. Infatti, se della tratta Bignami – Monza Bettola esiste già un primo progetto, per il proseguimento vi sono ancora varie ipotesi. La prima prevede il semplice allacciamento e unificazione tra la Linea 5 e la Metropolitana di Monza, progettata alcuni decenni fa e mai finanziata; la seconda prevede un tracciato del tutto nuovo atto a collegare anche alcune aree interne della città oltre a coprire la tratta intermedia tra i due centri. Attualmente l’unico atto concreto è l’inserimento nel progetto di prolungamento della Linea 1 di un vano dedicato alla stazione della Linea 5 presso il capolinea Monza Bettola ora in costruzione.

A seguito della scelta di Milano di ospitare l’Esposizione Universale del 2015, la costruzione della nuova Linea 5 completa, tra Bignami e lo stadio Meazza, divenne subito uno dei progetti prioritari. L’occasione di avere un limite temporale definito e la possibilità di ottenere finanziamenti in modo più rapido, ha facilitato il completamento dei fondi necessari. Il Comune, per evitare i problemi burocratici e tecnici derivanti dall’avere due concessionari sulla stessa infrastruttura, ha deciso di affidare direttamente i lavori alla stessa ATI che sta eseguendo il primo lotto. Tuttavia la necessità di rispettare tempi cosi stretti produssero un nuovo accordo con un aumento del finanziamento del Comune per poter utilizzare ben quattro macchine scavatrici TBM – le talpe – invece delle due inizialmente previste. I Cantieri del secondo lotto furono aperti ufficialmente l’8 novembre 2010 e dovrebbero essere chiusi entro il 30 aprile 2015, ovvero il giorno prima dell’inaugurazione dell’Expo.

Il colore della nuova metropolitana MM5 è il Lilla. Originariamente fu scelto una tonalità rosa tendenzialmente scura, mentre la MM6 sarebbe dovuta essere arancione. Nel 2010, per intervento diretto dell’amministrazione Comunale, il colore fu modificato in quello definitivo: il lilla.

IL PROGETTO

La prima sezione tra Garibaldi e Bignami, si sviluppa lungo l’asse urbano individuato da viale Zara e da viale Fulvio Testi; la lunghezza della tratta è pari a 5,6 Km e prevede 9 stazioni (Bignami, Ponale, Bicocca Ca’ Granda, Istria, Marche, Zara, Isola, Garibaldi), poste nei principali nodi di corrispondenza con le linee di trasporto pubblico locale di superficie. Questa tratta è a sua volta divisa in due sezioni: Bignami-Zara e Zara-Garibaldi.
In particolare, in corrispondenza della stazione di Garibaldi, è in ultimazione un importante nodo d’interscambio con le linee del trasporto locale di superficie, con le FS, con il Passante Ferroviario e con la Linea 2. Presso la stazione di Zara ha luogo l’interscambio con la Linea 3.
La seconda sezione tra Garibaldi e San Siro Stadio, si sviluppa in maniera particolarmente articolata e trasversalmente alle direttrici radiali. La lunghezza della tratta è di 7 Km e prevede 10 stazioni (Monumentale, Cenisio, Gerusalemme, Domodossola, Tre Torri, Portello, Lotto, Segesta, San Siro Ippodromo, San Siro Stadio), in particolari saranno due gli interscambi, uno a Domodossola con la stazione delle Ferrovie Nord, il secondo a Lotto con la Linea 1 della metropolitana. La stazione Tre Torri si troverà nel complesso edilizio denominato CityLife, e prende il suo nome dalla presenza dei tre grattacieli che in quell’area verranno realizzati sempre entro il 2015; la costruzione di questa stazione sarà a se stante.

L’ARCHITETTURA

Le stazioni si dividono in quattro tipologie. In particolare vi sono due tipologie standard: banchine laterali, per la tratta Zara-Testi, e banchine ad isola, per la tratta Monumentale-San Siro Stadio. Entrambe queste tipologie si presentano con due piani distinti e separati; banchine e mezzanino. Le altre due tipologie sono dedicate alle due particolari stazioni Zara e Garibaldi, uniche nel loro genere a causa della necessità d’interconnetterle con quelle esistenti delle altre linee. Dunque le stazioni tipo sono suddivise in tre piani: il piano banchina con accesso ai treni, il piano intermedio per lo smistamento dei flussi e il piano mezzanino con l’accesso dall’esterno, le biglietterie automatiche e i punti fissi d’informazione e i tornelli. Le uniche attività commerciali previste saranno le edicole, mentre, come da obbligo di legge, verranno realizzati i bagni automatici. I tre piani saranno sperati tra loro da solette, impedendo una comunicazione visiva tra piano mezzanino e banchine, seguendo, quindi, la tradizione milanese. Le due stazioni Zara e Garibaldi hanno invece caratteristiche uniche. La prima ha un’ampia banchina ad isola dovuta alla necessità di aggirare gli accessi alle banchine della Linea 3. Tali accessi saranno posti al centro della stazione della Linea 5, e complanari alla banchina centrale. Quindi i binari della nuova metropolitana passano sopra, e non sotto, al tunnel della Linea esistente. La stazione Garibaldi, la più profonda della Linea, è ubicata parallelamente alla stazione del Passante Ferroviario e perpendicolarmente a quella della Linea 2. Le tre stazioni sono interconnesse tra di loro in modo indipendente. Dal piano d’interscambio della stazione della Linea 5 si potrà accedere, con una rampa di scale al piano interscambio del Passante e da lì al tunnel che porta alla Linea 2, oppure direttamente a quest’ultima tramite il corridoio che porterà direttamente al mezzanino. La stazione Garibaldi è anch’essa divisa in tre piani, ma con altezza maggiore, inoltre non ci sono solette, pertanto è possibile vedere, dai vari corridoi intermedi, tutta l’altezza del vano sotterraneo. Nella necessità di realizzare, in quella posizione la nuova stazione, è stato demolito l’originale sottopasso pedonale che permetteva di attraversare Viale Sturzo e accedere alle banchine dei tram. Tale sottopasso è stato ricostruito per ripristinare i collegamenti interrotti, collocandolo nel vano della stazione grazie alla costruzione di una struttura a sezione circolare a due piani contenente sia un corridoio di accesso ai tornelli della Linea 5 sia il nuovo sottopasso.
L’allestimento della stazioni fu inizialmente progettato dallo Studio SistemaDuemila, che propose stazioni fortemente caratterizzate da un design innovativo, basato sul colore scelto per la Linea, ovvero il rosa, e altre tonalità analoghe. Tuttavia il risultato era più simile ad un gioco che ad un intento reale, nettamente distante dalla sobrietà tipica milanese che fu spina dorsale dei progetti del tram Albini/Helg/Noorda, così come da quelli anni ’80 di Dini e Cappelli. Caratteristiche peculiari erano il disegno delle uscite al piano strada, costituite da vistose edicole con pilastri rastremati in colore fucsia e copertura ad arco con struttura reticolare rosa. Anche per le insegne, rimaste unico motivo d’unione tra tutte le Linee, si pensò ad uno stravolgimento della struttura di sostegno, non più formatala da un’unica asta in metallo lucidato, ma da un pilastro rastremato rosa e da una mezzaluna tubolare fucsia alla quale sarebbe stato appeso il classico emblema della “M”.
Il nuovo progetto, eseguito dallo StudioGozzoli dell’architetto Massimo Gozzoli e dallo studio MBiM degli architetti Lorenzo Merlo, Alessandro Bisio e Corrado Mazzarello, cancella completamente il precedente disegno. Successivamente anche il nuovo progetto subisce una radicale modifica nei materiale e nei colori, su intervento diretto dell’Amministrazione Comunale, a seguito della scelta del colore Lilla come motivo identificativo della nuova metropolitana. Per facilitare la connessione cromatica alle nuove stazioni il progetto finale prevede non solo la segnaletica lilla su modello di quella realizzata da Bob Noorda per le Linee 1 e 2, ma anche la nuova colorazione, dei corrimano e delle balaustre così come degli infissi.

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