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Tag Archives: metropolitana 1 rossa

Spulciando e rispulciando i vari volumi della mia biblioteca sulla metropolitana di Milano (e su quelle del resto del mondo) ho intravisto uno stralcio di questo articolo comparso su Il Giorno di venerdì 4 dicembre 1964 a firma di Bruno Munari. Così ho deciso di andare alla Biblioteca Sormani per cercarlo e leggerlo per intero. Lo ritengo molto interessante perché un genio della grafica come Bruno Munari volle spiegare al pubblico le scelte, all’epoca d’avanguardia, fatte per la segnaletica coordinata della metropolitana 1 rossa di Milano. Nel testo viene spiegato in modo molto chiaro quali sono le concezioni alla base delle scelte effettuate da Bob Noorda, e da Franco Albini e Franca Helg, spinti da un’amministrazione comunale alquanto illuminata. Vi lascio all’articolo che parla da sé (vi consiglio di scaricare il PDF perché più leggibile dell’immagine).

VERSIONE PDF PER UNA MIGLIORE LEGGIBILITA’mm1_ilgiorno_04121964_5

Bruno Munari (Wikipedia)

E’ ancora disponibile il libro “La metropolitana milanese”

Per acquistarlo ad un prezzo speciale potete contattarmi direttamente all’email: metroricerche@yahoo.it

IN OFFERTA SPECIALE AD EURO 20,00!!!

 

 

 

© 2019 Minici Giovanni Luca – www.metroricerche.it, si acconsente l’uso di questo articolo e delle immagini citandone l’autore e la fonte, ad esclusione delle immagini di proprietà di terzi, come chiaramente indicato.

Nuova grafica per le visite “La Rossa con occhi nuovi” che si tengono presso la Fondazione Franco Albini ogni ultimi sabato del mese. Lo slogan è una citazione di Franco Albini “la più grande opera di design sociale” riferita alla metropolitana 1. I contenuti non cambiano e i partecipanti avranno sempre il piacere di poter ammirare i progetti originali e una selezione di immagini tra le più belle e più significative sulle metropolitane 1 e 2 tutto ciò che ha portato alla loro nascita. Come già nel 2014 e 2015 vi racconterò tutti i segreti della genesi di una metropolitana che cambiò il modo di concepire la progettazione delle stazioni e della segnaletica. Le soluzioni di Albini, Helg e Noorda sono state talmente innovative da essere riprese in numerose altre nazioni europee e d’oltreoceano.

Il prossimo appuntamento è per il 23 marzo alle ore 15,00.

Inoltre sono state programmate anche le seguenti date:

-mercoledì 10 aprile h 16,00 (speciale Salone del Mobile)

-venerdì 12 aprile h 16,00 (speciale Salone del Mobile)

-sabato 27 aprile h 15,00

-sabato 25 maggio h 15,00

-sabato 22 giugno h 15,00

 

Per info e prenotazioni contattate la Fondazione Franco Albini: info@fondazionefrancoalbini.com tel: 024982378, sede via Telesio 13 MODULO DI ISCRIZIONE ONLINE
Le visite guidate saranno confermate al raggiungimento del numero minimo di 10 partecipanti.
Costo biglietto 10€

Per chi vuole approfondire è disponibile il mio libro “La metropolitana milanese: evoluzione urbanistica e architettonica”.

Per informazioni sull’acquisto del volume: metroricerche@yahoo.it

 


 

© 2019 Minici Giovanni Luca – www.metroricerche.it, si acconsente l’uso di questo articolo e delle immagini citandone l’autore e la fonte, ad esclusione delle immagini di proprietà di terzi, come chiaramente indicato.

Licenza Creative Commons
Quest’ opera è distribuita con licenza Creative Commons Attribuzione – Non commerciale – Non o

 

SONO ANCORA DISPONIBILI COPIE  DEL MIO LIBRO SULLA METROPOLITANA

Mi state riferendo che il libro è esaurito nelle librerie in cui era in vendita. Anche su Amazon risulta esaurito, come su IBS. Se volete acquistarlo contattatemi direttamente all’email metroricerche@yahoo.it per sapere come fare per averlo al prezzo scontato di 20,00 euro.

Dopo più di 10 anni dalla stesura dei primi testi, e da ben 20 anni da quanto ho iniziato a raccogliere informazioni su questo tema, sono riuscito finalmente a pubblicare un libro che coprisse in modo esauriente (dal ’800 ad oggi) molti aspetti di cui si era scritto poco e in modo frammentario. Si intitola La metropolitana milanese, evoluzione urbanistica e architettonica Con 254 pagine, 428 immagini (quasi tutte a colori), la storia della metropolitana di Milano è stata unificata in un’unica monografia con un focus inedito: l’architettura. Oltre ad un primo capitolo sui progetti storici, sono trattate la Linea 1 rossa e la Linea 2 verde, la Linea 3 gialla, il Passante Ferroviario, la Linea 5 lilla e la costruenda Linea 4 blu. Con la completa descrizione delle architetture pensate per le metropolitane di Milano da Franco Albini, Franca Helgh, Marco Albini (che ha scritto anche la prefazione), Arrigo Arrighetti, Umberto Cappelli, Claudio Dini, Angelo Mangiarotti e la grafica di Bob Noorda. Un volume realizzato con il contributo iconografico e documentale di decine di archivi pubblici e privati (Albini, Noorda, Portaluppi, MM Spa, Metro4 Spa, ATM Spa, Biblioteche e Archivi civici di Milano) con il patrocinio della Fondazione Franco Albini e dell’Associazione Culturale QUATTRO.

 

 

 

 

© 2019 Minici Giovanni Luca – www.metroricerche.it, si acconsente l’uso di questo articolo e delle immagini citandone l’autore e la fonte, ad esclusione delle immagini di proprietà di terzi, come chiaramente indicato.

E’ da tempo che sto cercando testimonianze viventi dell’epoca in cui nacque la Linea 1; qualcuno sono riuscito a trovarlo e intervistarlo, altri li ho potuti solo conoscere. Ma gli anni passano e la cosa si fa sempre più difficile. Nel frattempo, finalmente è arrivato il libro su cui ho lavorato per tanti anni, e la sua presentazione. In questa occasione un mio vicino di casa, con cui collaboro alla cura ostinata del condominio in cui viviamo, mi ha manifestato l’intenzione di essere presente alla presentazione: così, in amicizia. Poi, qualche giorno dopo, candidamente mi si avvicina e mi dice: “ma lo sai che mio padre era l’assessore che diede l’avvio alla Metro 1 e io ero presente all’inaugurazione? Ho fatto anche un viaggio sul primo treno!” Ma come? Tante ricerche e poi avevo un testimone dietro l’angolo? Giusto poi per concludere, mi dice anche “ma lo sai che c’è una foto di mio padre nel libro?, sì a pagina 69, si intravede dietro un signore alla destra della signora che taglia il nastro!”. Qualcuno dirà: coincidenze!

Ecco i ricordi che ha voluto scrivere subito dopo aver scoperto la coincidenza. Per precisione la foto in oggetto è a pagina 69, foto 2.1.6, con in prima fila la vedova del Dott. Vigorelli, il primo presidente della MM morto qualche giorno prima che venisse inaugurata la linea Rossa. Trovate una copia della foto in questo post (una versione di poco differente). Il nostro testimone è il Dott. Avv. Renato Amoroso, figlio dell’assessore Dott. Angelo Amoroso, che fu anche sindaco di Milano tra 13/01/1964 e il 17/02/1964, quando l’allora sindaco Gino Cassinis morì improvvisamente.

E’ ancora disponibile il libro “La metropolitana milanese”

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IO C’ERO …..E MI RICORDO BENE

di Renato Amoroso

Durante la presentazione di un libro che ripercorreva la storia della prima linea della Metropolitana a Milano, mi sono reso conto di colpo che io ero presente a quel fatto e ne ero testimone diretto. Mi sono reso conto, quindi, di avere avuto cognizione diretta di una infinità di fatti, emozioni, avvenimenti importanti della nostra epoca, quantomeno dal 1960 in poi. Mi sono anche ricordato della fortuna di avere potuto conoscere e di avere raccolto i racconti e le confidenze di molte persone che avevano vissuto la guerra, la dittatura e la successiva ricostruzione del paese. Oggi questi testimoni non ci sono più. Ma io ci sono ancora e di ciò che visto, ascoltato e vissuto voglio parlare e scrivere, perché la memoria è la radice della quale siamo fatti.

Cantieri in piazza San Babila:

AMARCORD

Avevo 17 anni e una gran fame di conoscere quello che succedeva intorno a me. Per ragioni che non stò a spiegare, avevo la fortuna di poter accedere a notizie tecniche autentiche, nonché alle varie problematiche che la costruzione di una Metropolitana poteva comportare in una città che non si fermava (e non si ferma) mai. La linea rossa fu costruita con la tecnica cosiddetta “a cielo aperto”; ciò voleva dire chiudere la strada al traffico, sollevare l’asfalto, costruire ai due lati due larghe fosse nelle quali venivano edificati cementi armati, su tali colonne veniva poi edificata una cupola ad arco, si ricostruiva la sede stradale che veniva riaperta al traffico, mentre sotto la detta cupola venivano svolti i lavori di vera e propria costruzione del tunnel, degli impianti, i binari e tutto il resto. Con buona pace dei signori ingegneri ed architetti, ciò che poteva essere percepito dal popolo era questo. Ciò che non ci si aspettava fu di trovare nel sottosuolo una infinità di tubi, condotte, cavi, che trasportavano dall’acqua potabile, all’elettricità, al telefono, al gas, alla fognatura, senza una mappa del loro tracciato. Fu quindi necessario dare il via ad una programmazione centralizzata della collocazione, presente e futura, di tutti questi servizi, nonché della loro mappatura. Per noi ragazzi di allora lo spettacolo di un cantiere di simili dimensioni fu straordinario e inconsueto. Non c’era la possibilità di ricorrere a immagini diffuse attraverso canali di informazioni: restava solo l’esperienza diretta, e ne abbiamo fatto indigestione. Andare a vedere costituiva una irresistibile tentazione, e non abbiamo neppure tentato di resistervi.

PARTECIPARE ([1])

Costruire una linea metropolitana sotto una città moderna, che doveva restare pienamente attiva, fu un atto rivoluzionario. Non mancarono le proteste (e i soliti mugugni, quando si cerca di fare qualcosa di nuovo) fondate sul fastidio arrecato: non c’è dubbio che opere di questa entità producano rumore, polvere e disagi di movimento. La strategia vincente fu quella di coinvolgere i milanesi direttamente: il finanziamento fu coperto tramite l’emissione di obbligazioni. Già allora il concetto non era così facile da comprendere; al milanese imbruttito (oggi si definisce così) veniva da chiedersi: “ma già pago le tasse, perché vogliono degli altri soldi da me? Li vadano a prendere ai ricchi”. L’idea che i cittadini dovessero prestare dei soldi alla propria città, con la promessa di averli in restituzione a scadenza prefissata, con interessi pagati durante il periodo convenuto, fu difficile da fare accettare. Oggi tutti parlano di spread, di bund tedeschi, di recessione, di paesi emergenti, di megatrend, senza sapere di che cosa si tratti, ma tanto l’importante è far finta di sapere. In realtà, ora come allora, nessuno era obbligato a fare niente, l’unica forma di risparmio conosciuta era il libretto postale; si trattò di informare ma soprattutto di coinvolgere. Gli anni 60 sono anche passati alla storia come il “boom economico” italiano, con la diffusione della Fiat 600 e le cambiali a fiumi. Il finanziamento della metropolitana era un argomento a parte: per la prima volta si potè diffondere il concetto di “investimento” nella propria città. Questo fu percepito anche da noi diciassettenni che danaro in tasca non ne abbiamo mai avuto. La voglia di costruire la nostra vita, che potesse essere interamente “nostra”, passava attraverso la raccolta di tutte le informazioni utili (senza Internet ma andando in biblioteca a documentarsi); quindi procedevamo all’elaborazione di quelle notizie, all’ascolto di chi ci aveva preceduto, e aveva voglia di spiegarci le cose, e la “gavetta” del provare a pensare e poi a fare. Non avevamo voce in capitolo ([2]), nessuno ci ascoltava ed eravamo considerati solo persone che facevano casino e gente che doveva obbedire, ma non fu tutto così. Abbiamo avuto genitori illuminati, gente che aveva passato la guerra e che aveva dato corpo ad una nuova forma di assunzione di responsabilità ([3]). Il Consiglio comunale della città (80 membri) era composto da persone che oggi definiremmo provenienti dalla “società civile”; si trattava di persone che avevano un proprio lavoro, dei propri impegni familiari, delle proprie attività (con propri redditi che garantivano la autosufficienza) e che ad esse aggiungevano l’ulteriore impegno di occuparsi di quanto la città avesse bisogno. E il concetto di “città” era quello di un insieme di persone, diverse nella provenienza, nelle capacità, nelle aspirazioni, che condividevano un luogo, delle risorse, un presente quale base per un futuro. Un messaggio anche per il presente, fatto di propaganda becera, di odio seminato a piene mani tramite i mass media, di selfie cretini, di ignoranti al potere e di discriminazione in ogni dove? Possibile non accorgersi che la diversità è una ricchezza e che tutti siamo uguali dinanzi ai diritti e ai doveri ma siamo tutte persone una diversa dall’altra?

LE AZIENDE E IL PERSONALE

Una delle questioni più spinose, sul piano programmatico politico e amministrativo, fu decidere se la gestione della MM dovesse essere affidata all’ATM o se si dovesse costituire una nuova azienda municipalizzata, del tutto autonoma ([4]). Non fu questione di poco conto; da un lato vi poteva essere un progetto di concorrenzialità che, peraltro, ancora non si era fatto strada con fondatezza nelle convinzioni amministrative. Molti servizi di pubblica utilità erano ancora di competenza esclusiva di aziende pubbliche, in regime di sostanziale monopolio. Poi vi era il problema del costo del trasporto: il prezzo del biglietto doveva essere assolutamente politico, dato che l’utenza era per lo più costituita da operai, impiegati e studenti, quindi di gruppi familiari di basso reddito. Di conseguenza i costi maggiori restavano a carico dell’ente pubblico. Avere due enti distinti, per i mezzi di superficie e in sotterranea, avrebbe comportato il rischio dell’insufficienza finanziaria di una di esse. Il Comune non avrebbe potuto sostenere i costi relativi. Nacque anche un problema di natura sindacale, relativo al personale viaggiante. Sui mezzi di superficie era ancora presente il  bigliettaio, ma era già programmata la sua eliminazione. Si doveva quindi passare alla vendita sistematica e capillare dei biglietti fuori dalle vetture e gli utenti dovevano abituarsi a salire sul mezzo di trasporto muniti già di biglietto. Oggi tutto questo è ampiamente superato dagli abbonamenti e dalle molteplici possibilità di pagare il prezzo tramite strumenti elettronici. Molti bigliettai avrebbero dovuto essere convertiti in conducenti, con i conseguenti corsi di abilitazione. La guida di un autobus nelle strade cittadine non è come guidare un convoglio della MM; c’era anche da abituarsi al concetto di controllo tecnologico del traffico in galleria. Da parte dei sindacati su sollevato il problema del lavoro sotto terra: molti non lo gradivano e chiesero indennità speciali. Fu poi deciso che il servizio fosse affidato all’ATM e fu una decisione politica di grande impegno. Anche tale aspetto diede a noi giovani il senso dell’onere di amministrare. Fu oggetto di intense discussioni fra di noi, cittadini in pectore, affamati di capacità che ancora non avevamo ma che eravamo disposti ad acquisire con un lavoro serio di documentazione ed esperienza.

PRESENTE E FUTURO

Eravamo profondamente immersi in una realtà dei fatti, nella quale ci sentivamo stimolati a conoscere ed a pensare. Con la tempesta ormonale che caratterizza sempre l’adolescenza, volevamo conquistare il mondo e per questo occorreva lottare. La costruzione di un’opera che appariva gigantesca ci fece sentire destinatari immediati di un progetto fondamentale, qualcosa che ci avrebbe proiettato verso qualcosa di infinitamente più grande della nostra dimensione. La MM eravamo noi, era la vita che ci attendeva, dovevamo farla nostra, entrando in essa fin dal cantiere. Sapevamo dell’esistenza della Metro a Parigi, della quale si diceva un gran bene; ma averla sotto i nostri piedi era un’altra cosa. La nostra curiosità era sana perché voglia di sapere: ancora adesso, quando salgo sulla linea 5, totalmente automatizzata e senza conducente, osservo ogni dettaglio perché deve diventare “mio”, come la “mia” città. Gli psicologi la chiamano “senso di appartenenza”; non c’è bisogno di scomodare gli esperti che tutto sanno. Quando sento dire “roba del Comun, roba de nissun” (cose del Comune, cose di nessuno) mi sorge dalle viscere un sacro furore, che aumenta la mia pressione sistolica e diastolica, la frequenza cardiaca, mobilita le sinapsi, accentua gli istinti omicidi e, in sintesi, mi fa molto male. L’appartenenza è un viaggio di andata e ritorno, nel quale ognuno dà alla propria città e riceve da essa, intesa quale comunità di persone. Il presente altro non è che il prodotto di un passato, di cui conviene conservare memoria: il fiore di una pianta non potrebbe allietare i nostri occhi se non ci fossero radici e se non fossero state date le attenzioni necessarie. Quello che siamo noi oggi è quanto hanno fatto per noi coloro che ci hanno preceduto, unito a quanto abbiamo voluto dare di noi stessi. Ma il presente è anche la base di partenza per il futuro, ed anche questo ci appartiene. Anche il più illuso dei sognatori è comunque proiettato verso qualcosa che verrà, anche verso quello che non riuscirà a realizzare. Se pensiamo che tutto ci sia dovuto e che non dobbiamo fare altro che stare fermi, seduti sul divano di casa nostra ad aspettare che quanto desiderato ci venga portato su un vassoio d’argento, allora non siamo neppure delle persone. Siamo molluschi invertebrati o (come si diceva a Fantozzi) “merdacce”. Negli anni in cui nasceva la Metropolitana c’era una diffusissima voglia di cambiamento in meglio, cioè di progresso, tecnologico e umano. Vi furono lotte per i diritti civili, rivendicazioni economiche e sostegni fra nazioni. Eravamo fortemente progressisti.

Adesso che abbiamo ottenuto, almeno in media, un certo benessere economico, vogliamo soltanto conservare la ricchezza prodotta. Siamo quindi diventati conservatori, ma soprattutto vittime predestinate dei seminatori di odio e terrore. Il discorso si fa troppo lungo e filosofico. E pensare che da ragazzo sognavo di guidare il tram!

ESPERIMENTI

Andando verso l’abolizione del bigliettaio, il passeggero aveva l’obbligo di acquistare il biglietto prima di salire a bordo e aveva l’obbligo di “obliterare” il biglietto all’ingresso del mezzo di trasporto, presso apposite macchinette, del tutto inventate con la tecnologia di allora. Il primo biglietto fu stampato sulla falsa riga di quello in corso a Parigi e prevedeva l’obbligo di inserimento in una macchina che ne avrebbe asportato una mezza luna, posta all’estremo del biglietto e caratterizzata da tre piccole strisce magnetizzate ([5]). Naturalmente la fantasia strafottente dei giovani, unita alla consueta voglia di sfidare gli adulti, ci portò a verificare sul campo la efficienza del sistema. Fu una frana! Le macchinette tagliavano la mezzaluna da entrambi i lati, senza distinzione fra la parte magnetizzata e quella priva di segni; la conseguenza fu che con un biglietto si potevano effettuare due corse. Tuttavia questa scoperta non divenne un mezzo occulto per viaggiare gratis; il nostro senso di civismo ci portò a segnalare il difetto all’ATM, che provvide alle misure adeguate. A scuola si insegnava ancora “educazione civica”…..ma era da poco finita la terza guerra punica! ([6]) La tecnologia di allora era veramente sperimentale, non esisteva l’elettronica, i componenti erano prevalentemente meccanici, con qualche avventura magnetica. La nostra capacità (o fantasia) di massacrare qualsiasi cosa mise a dura prova le nuove tecnologie, ma la voglia di essere parte della rivoluzione fu più forte di ogni speculazione.

CURIOSITA’

Conoscevamo il treno ed anche il tram; entrambi avevano una linea elettrica aerea, il treno con il pantografo e il tram con la “perteghetta”, detta anche “trolley”.

El tram (o tramvai) a l’è ‘na forma de trasport publich in su rodaia, tipich, ma minga esclusiv, del trasport urban. L’è distint del treno perchè el circola a vista, quand che el treno el viaggia a segnalament. Quell che ‘l guida el tram a l’è ciamaa manetta, per via del sistema de guida di tram de Milan che doperen ‘na manetta.

Oggi anche il tram è dotato di un pantografo, del tutto simile al treno. Per la prima linea della Metro fu adottata una soluzione diversa, tuttora in uso; fu chiamata la “terza rotaia”. A fianco dei due tradizionali binari, corre una terza rotaia posta in verticale (evidenziata dai sostegni chiari) che conduce la tensione elettrica. Le vettura sono dotate di pattini laterali che strisciano sulla terza rotaia, conducendo la tensione elettrica ai motori. Tale soluzione creò in noi molta curiosità e tante critiche, per i rischi di folgorazione di persone che si fossero trovate accidentalmente fra i binari. Ci fu spiegato che tale soluzione permetteva di scavare gallerie più basse e quindi meno invasive. Le nuove linee della MM di Milano non sono più alimentate con la terza rotaia, ma con il comune pantografo sulla parte superiore della vettura. La linea che porta la tensione elettrica è identica a quella in uso per i treni in superficie. Ciò ha permesso l’integrazione delle linee sotterranee con altre tratte già esistenti (quali ad esempio le “linee celeri dell’Adda” oggi utilizzate dalla linea 2 verde, fino a Gessate e Cologno). Tale è anche la soluzione usata per il cosiddetto “passante ferroviario” ([7])

LE NUOVE TECNICHE DI SCAVO

Dopo i lavori “a cielo aperto” venne adottata la tecnica detta dello “scudo”. La galleria procedeva con l’inserimento di archi prefabbricati, ben visibili nella foto, che costituivano la struttura della futura galleria. Anche questa fu una attrazione irresistibile, anche se era molto difficile poterla vedere. Ma ogni tanto c’era qualche apertura dei cantieri alle visite e ad essa non potevo mancare. La voglia di essere parte non è mai venuta meno. Poi è arrivata “la talpa”, alla quale venne imposto anche un nome “di battesimo” a seconda del tratto di linea interessato. Come si fa a non curiosare intorno a simili innovazioni? Come si può restare indifferenti e considerare tali fatti estranei a noi stessi, considerandoli solo quali strumenti tecnici di esclusiva pertinenza di progettisti ed imprese costruttrici? Questa alienazione non mi è mai appartenuta. Anche adesso che non ho più 17 anni ed ho scambiato di posto i numeri, queste emozioni sono sempre quelle che danno un senso alla mia vita nella mia città.

IL VIAGGIO INAUGURALE

Oggi forse tutto ciò può apparire banale, ma quando avevo 17 anni e volevo conquistare il mondo, essere a bordo del primo convoglio che attraversava la città sottoterra fu qualcosa di veramente emozionante; ci faceva sentire parte attiva di una rivoluzione che trascinava le nostre vite. Anche se lo spettacolo sottoterra non ha alcunchè di attraente, prendere parte a qualcosa di estremamente complesso, che avevo avuto modo di conoscere, per il quale sapevo che collaboravano molte persone contemporaneamente, mi fece sentire un astronauta che viaggiava verso la luna.

IL MIO PAPA’

C’era anche mio padre, assessore del Comune di Milano per 16 anni e consigliere comunale per 25. Lo accompagnavo spesso e restavo ad ascoltare le discussioni in Consiglio, seduto fra il pubblico. Facevo attenzione e seguivo i discorsi; avevo percepito la serietà delle argomentazioni ed anche delle persone che parlavano. Anche quando facevo fatica a comprendere i contenuti, restava lo stimolo a informarsi: potevo godere della fortuna di leggere i provvedimenti proposti all’assemblea. In quegli anni le discussioni avevano contenuti concreti, con rispetto reciproco: proprio come succede oggi nei talk shows…….([8])

La celebre foto del taglio del nastro (in realtà ne circolano diverse varianti), con, nel cerchio rosso, l’allora assessore Angelo Amoroso.

Mentre scendono la scala (sulla destra), prima il sindaco Pietro Bucalossi e, subito dietro, l’assessore Angelo Amoroso. A destra di Bucalossi, l’assessore On. Meda.

Il ministro Roberto Tremelloni e, alla sua destra (sinistra nella foto), il noto Francesco Ogliari. Faccio notare che Ogliari oltre ad essere forse il più famoso autore italiano di libri sui trasporti, noto avvocato e presidente del Museo della Scienza e della Tecnologia (all’epoca della Tecnica), fu anche il primo amministratore di condominio del caseggiato dove viviamo io e il Dott. Amoroso. Continuano le coincidenze.

Le immagini dell’inaugurazioni sono prese da:

Il Dott. Avv. Renato Amoroso oggi:


(1) Essere parte non essere tutto: sentire le cose come proprie, condividerle con altri. Ciò può anche riguardare sentimenti ed emozioni altrui, quali gioie e dolori che possono essere sentiti come propri. Chi si sente “tutto” ha la superbia di considerare le proprie cose come le uniche serie ed importanti, e le proprie opinioni e scelte come le sole fondate sulla verità, di cui egli soltanto è in possesso.

(2) L’espressione è tratta dalle abbazie di monaci di diversa estrazione; la loro vita era caratterizzata dalla preghiera e dal lavoro. Al vespro ci si poteva riunire nel “capitolo”, in genere un luogo a pianta circolare dove ognuno poteva esprimere la propria opinione. Da qui “avere voce in capitolo”.

(3) Il fatto di “Rispondere del proprio operato”, quindi di caricarsi degli effetti negativi delle proprie azioni a qualsiasi livello, contrattuale, economico, morale.

(4) So di queste questioni perché in quell’epoca mio padre Angelo Amoroso era l’assessore alle Aziende Municipalizzate, mi parlava di queste cose, me le spiegava e potevo leggere le bozze delle delibere che venivano poste all’ordine del giorno della Giunta e del Consiglio Comunale di Milano. Ecco perché posso dire “mi ricordo”.

(5) In evidenza sulla destra del biglietto, nella sua prima versione.

(6) Per coloro che se ne fossero dimenticati (e anche per il ministro del lavoro, che ha tanto bisogno di sapere) si tratta di tre guerre combattute fra Roma e Cartagine (città del nord dell’Africa, oggi Tunisia). La terza fu combattuta fra il 149 a.c. e il 146 a.c. – non è un errore di stampa, dato che nella datazione degli anni anteriori alla nascita di Gesù Cristo, la numerazione delle date deve essere decrescente.

(7) In altre parole, sotto la città transitano normali treni, provenienti, ad esempio, da nord, che attraversano la città nel sottosuolo e riemergono a sud per continuare il loro programmato viaggio oltre la città. Nel tratto urbano svolgono un servizio simile a quello della metropolitana e anche questi treni possono essere usati con il biglietto ordinario di viaggio.

(8) Popolati esclusivamente da ignoranti, villani, volgari apprendisti dittatori, appositamente invitati per dare scandalo e far crescere gli indici di ascolto, così gli sponsor venditori di pubblicità saranno contenti e pagheranno volentieri sempre di più. E gli ascoltatori si bevono di tutto come se fosse verità.

 

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Perchè non regalarlo a Natale?

 

PRONTO IL LIBRO SULLA METROPOLITANA

Dopo più di 10 anni dalla stesura dei primi testi, e da ben 20 anni da quanto ho iniziato a raccogliere informazioni su questo tema, sono riuscito finalmente a pubblicare un libro che coprisse in modo esauriente (dal ’800 ad oggi) molti aspetti di cui si era scritto poco e in modo frammentario. Si intitola La metropolitana milanese, evoluzione urbanistica e architettonica Con 254 pagine, 428 immagini (quasi tutte a colori), la storia della metropolitana di Milano è stata unificata in un’unica monografia con un focus inedito: l’architettura. Oltre ad un primo capitolo sui progetti storici, sono trattate la Linea 1 rossa e la Linea 2 verde, la Linea 3 gialla, il Passante Ferroviario, la Linea 5 lilla e la costruenda Linea 4 blu. Con la completa descrizione delle architetture pensate per le metropolitane di Milano da Franco Albini, Franca Helgh, Marco Albini (che ha scritto anche la prefazione), Arrigo Arrighetti, Umberto Cappelli, Claudio Dini, Angelo Mangiarotti e la grafica di Bob Noorda. Un volume realizzato con il contributo iconografico e documentale di decine di archivi pubblici e privati (Albini, Noorda, Portaluppi, MM Spa, Metro4 Spa, ATM Spa, Biblioteche e Archivi civici di Milano) con il patrocinio della Fondazione Franco Albini e dell’Associazione Culturale QUATTRO.

In più, a breve, visto che inserire proprio tutto il materiale ritrovato nel volume avrebbe richiesto la realizzazione di una piccola enciclopedia, pubblicherò su questo blog alcuni capitoli aggiuntivi.

 

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Il libro può essere ritirato a Milano, affrettatevi per averlo in tempo per i vostri regali!

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In più, a breve, visto che inserire proprio tutto il materiale ritrovato nel volume avrebbe richiesto la realizzazione di una piccola enciclopedia, pubblicherò su questo blog alcuni capitoli aggiuntivi.

 

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La “Rossa” con occhi nuovi.

Ogni quarto sabato del mese, riprendono le visite guidate alla Fondazione Albini sul tema della Metropolitana Milanese. La sua storia, la sua architettura.
Come già nel 2014 e 2015 vi racconterò tutti i segreti della genesi di una metropolitana che cambiò il modo di concepire la progettazione delle stazioni e della segnaletica. Le soluzioni di Albini, Helg e Noorda sono state talmente innovative da essere riprese in numerose altre nazioni europee e d’oltreoceano. Le scopriremo con l’utilizzo di foto rare, materiali original e, tavole di progetto.
Per info e prenotazioni contattate la Fondazione Franco Albini:  info@fondazionefrancoalbini.com tel: 024982378
Le visite guidate saranno confermate al raggiungimento del numero minimo di 10 partecipanti.
Costo biglietto 10€

…e poi è in arrivo una grande novità:

dopo dieci anni di lavoro di ricerca e due di elaborazione editoriale è quasi pronto il libro:

Per info e prenotazioni: metroricerche@yahoo.it

 

 

 

 

 

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Come vi avevo anticipato, non c’è due senza tre. Infatti nel progetto “Souvenir Milano” 12 designer hanno creato 12 souvenir per Milano. Tra di questi, lo studio milanese Storie of Italy, ha creato un sottopentola/trivet con la forma del primo logo della Metropolitana di Milano, pensato da Bob Noorda tra il 1962 e 1963; il suo nome è “MM”. Si tratta delle due  “M” sovrapposte e specchiate, formate da una linea continua con bordi arrotondati, che richiama il corrimano progettato da Franco Albini. Il logo fu usato per la segnaletica dell’allestimento di prova presso la stazione Amendola, ma fu poi bocciato per via della “M” rovesciata, interpretabile come “W”. Il logo su fu poi sostituto con la doppia “M” affiancata con angoli appuntiti, sopravvissuta fino agli anni ’80.

Si tratta di un poggia pentola in materiale plastico di recupero, stampato e sagomato partendo dagli scarti degli imballaggi usati per la spedizione. Il designer che lo ha ideato, Dario Buratto, ha avuto l’idea dopo una visita alla Fondazione Albini, ispirandosi sia al logo sia ai pannelli in Sillipol (sì, sempre loro) la cui composizione ha un effetto simile a quello ottenuto per questo oggetto. Cosa che rende ancora più interessante il risultato è che visto da una distanza anche minima, il poggia pentole “MM” sembra realizzato in pietra naturale. Invece è leggerissimo!

SCHEDA PRODOTTO:

NOME: MM
DESIGNER: Stories_of_Italy
OGGETTO: Trivet / sottopentola / centro-tavola / scultura

PROGETTO
La sua ispirazione è multipla:
MM: due M speculari come il logo originario della Metr o Milano di Bob Noorda chiamato da Franco Albini nel 1961 a far parte del team di progettazione grafica.
MM: come Made in Milano, perché l’azienda che produce il souvenir è milanese.
Si tratta di un materiale di scarto fatto con i residui dei packaging Stories of Italy triturati e ricompattati, e nella sua composizione a macchie vuole ricordare il materiale utilizzato proprio da Albini nelle pareti della metro. Resiste molto bene al calore e lo assorbe. Essendo un materiale di scarto il costo è davvero molto contenuto, come si addice ad un vero souvenir, nonostante l’oggetto sia completamente made in Italy.

Un’immagine dall’archivio dell’Università della Svizzera Italiana di Mendrisio:

Qualche informazione sull’evento:

CONCEPT progetto Milano Souvenir

A parte l’immagine della fonte milanese di acqua pubblica o la stampa del Duomo, in generale il Souvenir è
sempre abbastanza scontato.
Ho chiesto di ragionare su un materiale/ un disegno / un’icona ricercata ma pop, personalissima, ancorché
familiare alla maggioranza.

Mai scordarsi l’aspetto del Souvenir nel senso nazionalpopolare. Abbiamo dunque lavorato per creare un oggetto
piccolo e sorprendente, che stupisca anzitutto chi lo ha creato per la sua ovvia riconoscibiità, a cui pochi avevano
pensato di legare Milano.

E senza connessioni scontate, l’altro punto su cui ragionare è stata l’idea di trasformazione/declinazione di un
inconfondibile segno della città, condensato in un oggetto possibilmente dotato di una forma esteticamente
affascinante e di una qualche funzionalità.
Souvenir Milano è una miniatura utile, un oggetto simbolico eloquente, un esperimento sul piccolo formato, un
volo pindarico traducibile per tutti nel racconto di una delle nostre visioni quotidiane, inteso come un landmark da
comunicare.

E’ il dettaglio di un’opera pubblica, un imprescindibile tipico oggetto legato alla milanesità, un immediato link
all’impero della moda o del food, un ingrediente della tradizione in evoluzione continua qui fissato in versione
fattiva, miniaturizzata, comoda, ironica, pop, trasportabile, perché questi sono i principi e ci dobbiamo attenere,
traducendo la città in un lampo. Un’altra definizione trovata online recita: <L’oggetto dovrebbe essere un simbolo
di una vera storia vissuta. Senza l’interpretazione intima del proprietario, il significato simbolico è invisibile non
può essere spiegato>. Autoriale + soggettivo.

Nonostante il Souvenir di solito sia prodotto in grandi numeri, il senso di una limited invita alla sperimentazione.
Souvenir è la narrazione di una nostra visione della città di Milano colta come in uno scatto di un secondo,
disponibile fino a esaurimento, come si addice alla sua natura, con importo agile e non esoso, prezzi molto
diversi tra loro, come del resto gli oggetti ideati e gli autori qui proposti.

CURATORE
Raffaella Guidobono
Consulente e Art director di progetti crossover di design e arte contemporanea, nel 1997 è Italian Ambassador di
Lomographic Society e autore del pionieristico pilot Tv italiano Boardz, sulla cultura surf, girato per MTV, dove è
anche autore di programmi. Curatore indipendente dal 1998 per il brand Moleskine®, nel 2000 porta al Museo
della Triennale e MAN Nuoro la prima mostra di taccuini d’autore e, da 20 anni, segue freelance per l’azienda il
progetto Detour. Tra 2001 e 2007 è art director e buyer del concept lab di TAD a Roma, curatore della galleria
1/9 e di progetti indipendenti tra arte contemporanea e design in America Latina, Turchia e Sicilia. Nel 2008
traduce talks per TED.com e porta a Palermo l’edizione n° 1000 di TEDx worldwide. Nel 2011 è co-curatore di
Italian Pavilion PQ Performing Design and Space – Quadriennale di Praga. Dal 2012 è co-founder con Alfred von
Escher di studio427. Nell’HQ dello studio a Palermo nascono gli arredi del brand Leftover, con il piano in
cemento resinato, colori pastello finiti a mano e una riconoscibile fascia obliqua, sempre presente negli esiti, tutti
rigorosamente pezzi unici. Dopo il lancio di Leftover in Biennale Architettura 2012 lo studio427 viene selezionato
per 4 edizioni di Operae e all’ultima XX1 Triennale. Dal 2016 apre la seconda sede Leftover nella falegnameria
creata dal duo dentro Officina BASE Milano.
Nel 2017 fonda il brand Sour, collezione in serie limitata di lampade e utensili da cucina, selezionati con il criterio
di unire alto artigianato e design. Sour è anche il nome del progetto di consulenza nel design degli interni per
privati e hotel.

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Finalmente anche all’estero s’incomincia a chiamare le cose con il loro nome, riconoscendo il lavoro d’intelletto prodotto in Italia, e, nello specifico a Milano. Vi avevo già parlato del Metodo Milano e della ICOS. Ora a farlo è il canale DMax/Focus che ha trasmesso in Italia una produzione inglese della società Twofour, probabilmente trasmesso in origine dalla stessa società che lo trasmette in Italia, ovvero Discovery Communications e la sua succursale Discovery Channel.

In realtà, nel gennaio 2016, fui contattato dal ricercatore della Twofour Jonnel Benjamin per avere informazioni in merito, anche se già erano a conoscenza del nome di Veder, come inventore correlato a questi sistemi. Veder inventò sicuramente il sistema delle paratie realizzate con fanghi bentonitici per conto della ICOS, ma non sono sicuro di chi abbia inventato il “Metodo Milano”. Di sicuro le due cose erano strettamente legate e sperimentate entrambe in ambito urbano, per la prima volta al mondo, per realizzare la Linea 1 della metropolitana di Milano.

Ecco il link del video. Per chi non lo vuole o non può vederlo tutto, la parte su Milano inizia al sesto minuto. Il video, per la precisione, è dedicato al grattacielo Shard di Londra, il più alto dell’Europa Occidentale, progettato da Renzo Piano. Il più famoso degli allievi di Franco Albini, per chi volesse trovare altre coincidenze. In aggiunta qualche interessante immagine dai cantieri della Metro 4.

VIDEO

 

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Come anticipato pubblico l’esito del progetto che ha visto la rielaborazione dei materiali usati per l’allestimento delle metropolitane 1 e 2 di Milano tra il 1963 e il 1969. In particolare sono stati usati quattro elementi precisi: le lastre in Silipol che rivestono le pareti della Linea 1, ancora oggi prodotti dalla stessa ditta, la Mariotti Fulget srl. Il pavimento in gomma nera un tempo prodotto dalla Pirelli. I pannelli di acciaio smaltato un tempo prodotti dalle Smalterie Lombarde, poi Smaltodegin, purtroppo vittima della crisi e il simbolo per eccellenza del progetto: il corrimano di acciaio verniciato in rosso.

Questo risveglio “materico”, attraverso la sua rielaborazione, ha fatto bella mostra di se prima con qualche anticipazione durante l’ultimo Fuori Salone a Milano e poi il suo debutto definitivo presso la Biennale di Architettura di Chicago. Speriamo che la storia continui e che questi materiali traggano il massimo giovamento dal quel ritorno alle grandi produzioni del modernismo italiano; un tesoro sostanzialmente inesplorato.

 

LA UNO 
LA DUE
During the booming fifties and sixties in Italy everything was possible. The cultural avant-garde of the time was invited by companies and institutions to define a new manifesto of modernity.
The 1st November 1964 the first Italian subway line opened in Milan. At that time, the new infrastructure injected a new metropolitan idea in a country which was ready to embrace it.
The project of the stations was assigned to Franco Albini and Franca Helg, together with the graphic designer Bob Noorda. Aiming to give an outstanding identity to the new Milanese transport vector, their intervention was a modular superstructure able to dress a given infrastructural void.
For this occasion new materials were tested, such as the Silipol – a colourful stained concrete developed by Fulget – or the Pirelli black rubber floor – which later became mainstream; a productive effort that today, just fifty years later, appears as pure archeology.
LA UNO and LA DUE are two series of furniture pieces, which reinterprets the project for the Milanese Subway (Metropolitana Milanese) lines 1 and 2.
As an act of appropriation every component of the original project is removed from its context and transformed into a one-material object. The metropolitan project is dismantled and recomposed into a new domestic landscape.
 Project Name: 
LA UNO
LA DUE
 Project Credits
Architecture:
Piovenefabi
Photography: 
Giovanna Silva
Construction:
* The original Silipol Metropolitana colors have been redeveloped by DWA Design Studio in 2017.
In collaboration with:
Metroricerche
Giovanni Piovene
mob. +39 349 7242280
PIOVENEFABI
Corso Indipendenza 14
I-20129 Milano
tel.+39 02 36584547

 

LA UNO 
LA DUE

 

Durante gli anni del boom, tra i ’50 e ’60, in Italia tutto era possibile. L’avanguardia cultuale di allora era coinvolta dai privati e dal pubblico a definire un nuovo manifesto della modernità.

Il 1° novembre 1964 venne aperta la prima linea metropolitana di Milano. A quel tempo, la nuova infrastruttura, infuse una nuova idea di metropoli in un paese che era pronto a farla sua.

Il progetto delle stazioni fu assegnato a Franco Albini e Franca Helg, insieme con il designer grafico Bob Noorda. L’obiettivo era dare al nuovo mezzo di trasporto milanese un’identità rilevante; il loro intervento si concretizzò in una struttura modulare capace di vestire il vuoto di un’infrastruttura.

Per questa occasione furono sperimentati nuovi materiali, come il Silipol – un tipo ci cemento colorato sviluppato dalla Fulget – oppure il pavimento in gomma nera della Pirelli – che successivamente divenne uno standard; uno sforzo realizzativo che oggi, appena cinquant’anni dopo, appare come pura archeologia.

LA UNO e LA DUE sono due serie di mobili che reinterpretano il progetto delle linee 1 e 2 della metropolitana milanese.

In un atto di appropriazione ogni elemento del progetto originale è stato rimosso dal suo contesto e trasformato in un oggetto monomaterico. Il progetto della metropolitana è scomposto e ricomposto in un nuovo paesaggio domestico.

 

Nome del progetto:

LA UNO

LA DUE 

Progetto architettonico:

Piovenefabi

Fotografie:

Giovanna Silva

Realizzazione oggetti:

Mariotti Fulget Srl*

*I colori del Silipo sono stati rielaborati dallo studio DWA Design nel 2017

In collaborazione con:

Fondazione Franco Albini

Metroricerche

Giovanni Piovene
349 7242280
PIOVENEFABI
Corso Indipendenza 14
20129 Milano
tel.02 36584547

 

 

Foto Stefano Graziani:

 Qui qualche altra foto.

 

 

 

© 2017 Minici Giovanni Luca – www.metroricerche.it, si acconsente previo autorizzazione scritta dell’autore.