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Category Archives: Metropolitana di Milano Linea 1

Dopo la grande avventura delle prove antincendio sulla tratta Isola – Garibaldi della MM5, è subito seguita una visita al cantiere della stazione Lotto.

La stazione Lotto della MM5 è la più profonda dell’intera Linea, con il fondo realizzato a 30 metri sotto il livello stradale, con una media di 15 metri sotto il livello di falda. Tutto ciò per sotto passare la stazione della MM1 situata nello stesso piazzale. La stazione è composta di ben cinque livelli inframmezzati da solai, utili a respingere la forte pressione del suolo lungo le pareti perimetrali. Attualmente sono quasi complete tutte le opere al rustico, manca solo qualche setto della copertura e i famosi camini di areazione, mentre in sotterraneo sono già in fase di posa i primi supporti metallici delle porte di banchina e alcune delle numerose scale mobili. Sono, invece, appena iniziati i lavori di realizzazione delle uscite verso la superficie e del corridoio a due livelli per la connessione con la Linea 1.

I supporti delle porte di banchina in fase di montaggio

Proprio questa connessione è già stata oggetto di riflessioni su questo blog; grazie a questa visita è stato possibile avere una risposta definitiva. La soluzione che verrà adottata è una via di mezzo tra le due iniziali. Infatti inizialmente erano previste tre connessioni, una diretta tra i mezzanini all’esterno dell’area a pagamento, e due poste al di sotto che avrebbero connesso direttamente il livello intermedio della MM5 con le due banchine della MM1, sotto passando anche i binari di quest’ultima, tutto all’interno dell’area a pagamento. La soluzione finale prevede sempre la connessione tra i mezzanini, mentre, grazie sempre ad un corridoio a due piani, la connessione al livello inferiore avverrà solo con la banchina in direzione Rho Fiera della Linea 1. I passeggeri che vorranno dirigersi in centro dovranno quindi salire al mezzanino della Linea 1 e riscendere verso la banchina in direzione Duomo. Per evitare situazioni di flusso eccessivo dovuto al raddoppio dell’utilizzo delle risalite della Linea 1, verrà realizzato un allargamento della parete della banchina verso la periferia.

Versione originale

Collegamento tra mezzanini (ipotesi)

Collegamento con la banchina della Linea 1 (ipotesi)

Il corridoio in costruzione

Riguardo alle tempistiche è stato precisato che la data di consegna è il 20 aprile 2015 e che per tale data l’intera linea verrà aperta fino alla stazione San Siro Stadio ma che solo tre stazioni saranno utilizzabili: Domodossola, Lotto e, ovviamente, il capolinea. Nessuna tempistica è nota per le altre stazioni, si presume, tuttavia, che i lavori, comunque assai avanzati, procederanno costantemente anche dopo la data di apertura.

This Monday I could visit Lotto Station yard. Now all the station structures are built. Escalators are during installation, and tracks are almost ready. This station is the deepest of the whole Line 5 to pass under the existing Line 1 under Piazzale Lotto. The station is 30 meter deep and the aquifer is only 15 meter deep so the station is divided by five floors to resist the water and soil pressure. The tunnel that reach this station was realized with two TBM; one tunnel for each track. Connection with Line1 will be realized with a unique passage with two floors, the upper one will connect the two mezzanines outside the pay-area, and the deepest one will connect the MM5 middle level with the platform of the Line 1 for the train direct to Rho Fiera. To reach the platform for train to city center passenger must go to the Line 1 mezzanine and the go down to the other platform. To avoid crowding platform of Line 1 will be widened.

© 2013 Minici Giovanni Luca – www.metroricerche.it, si accosente l’uso di questo articolo citandone l’autore.

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Quest’ opera è distribuita con licenza Creative Commons Attribuzione – Non commerciale – Non opere derivate 2.5 Italia.

Ecco un primo aggiornamento sulla fermata Lotto della MM5 e la relativa connessione con la MM1. Nel progetto originale la connessione tra le due linee avviene tramite un corridoio che dal piano mezzanino della stazione della Linea 5 arriva, tramite una serie di rampe, al livello del mezzanino della Linea 1. Un secondo corridoio che parte dal piano sotto il livello mezzanino della Linea 5, conduce, grazie a scale fisse e mobili, alla banchina della Linea 1, direzione Rho-Fiera, e sotto passando il tunnel della Linea 1, attraverso altre scale conduce alla Banchina direzione Sesto FS. Questo progetto presentava problemi realizzativi che ne misero in forse la realizzazione; nulla si è più saputo a riguardo. Tuttavia una recente visita al cantiere mi fa presupporre che questo primo progetto, assolutamente il più funzionale, sia stato portato avanti. Infatti, l’intera area esterna posizionata sopra la futura ubicazione dei corridoi è stata recintata e nel lato più a sud sono in fase di spostamento alcuni sottoservizi. Dai progetti risulta che i corridoi verranno realizzati con scavo dall’alto con la realizzazione di una paratia di micropali. L’unico scavo in sotterranea dovrebbe essere quello sotto il tunnel della Linea 1, per ovvi motivi.

Per quanto riguarda il vano della stazione della Linea 5 sembra che la realizzazione al rustico sia stata completata, così come l’impermeabilizzazione, quindi mancherebbero, oltre all’allestimento interno, solo le connessioni e le uscite verso la piazza.

Some news from Lotto station on new Line 5 and its connection with the existing Linea 1. Line 5 station structures are completed, now work continues on station decoration and new exit to the surface and to the Line 1. Two links will be realized between Lines 1 and 5, one between mezzanines and one from Line 5 station middle level to the two Line 1 platforms.

© 2013 Minici Giovanni Luca – www.metroricerche.it, si accosente l’uso di questo articolo citandone l’autore.

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Mentre continua l’operazione di sostituzione di alcune scale mobili delle Linee 1 e 2 a Milano, faccio alcune precisazioni riguardo questo fondamentale marchingegno.


Il primo tentativo di inserire un sistema di risalita meccanico e continuo nelle metropolitane fu, cosa poco sorprendente, a Londra. Gli ascensori, in uso ancora oggi, hanno l’inconveniente di non fornire un servizio continuo dovendo caricare e scaricare le persone ad ognuno dei due piani. Sebbene a Londra questi ascensori possono contenere fino a cinquanta persone, hanno meccanismi automatizzati e alte velocità di manovra, non sono rari episodi di congestione. Il primo tentativo fu una scala mobile, anzi un tappeto mobile elicoidale da inserire nel vano di uno degli ascensori della stazione Holloway Road della Piccadilly Line nel 1910. Si trattava di due tappeti a spirale rivestiti da tasselli in teck; furono pensati e realizzati dalla Reno Eletric Stairways and ELevator Company dell’inventore americano Jesse Reno. Tuttavia non risulta che abbiano mai preso servizio e nel già nel 1911fu smontata e parti del motore sepolte sotto il pavimento nel quale furono ritrovate negli anni ’80 e successivamente esposte al London Transport Museum.

Qui il link dal sito del museo: http://www.ltmcollection.org/engineering/objects/object.html?IXinv=1999/876

Solo il 4 ottobre 1911, sempre a Londra, fu aperta al pubblico la prima scala mobile in una metropolitana. Fu installata nella stazione Earl’s Court per collegare le banchine della Piccadilly Line a quelle della District Line; ancora oggi nelle stazioni sono in uso sia le scale mobili sia gli ascensori (ovviamente rinnovati). Queste scale mobili furono realizzate dalla Otis Elevator Company.

Una piccola curiosità, sempre a Londra fu realizzato nel 1935 il primo tunnel obliquo di collegamento tra banchine e mezzanino con quattro scale mobili. Fu creato per la stazione Holborn che fu all’epoca oggetto di una completa ristrutturazione comprendente anche l’eliminazione degli ascensori.

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Recentemente è stato pubblicato un nuovo volume sulla lunga storia grafica della metropolitana di New York: Vignelli Transit Maps, di Peter B. Lloyd con Mark Ovenden, edito dalla Rit Cary Graphic Arts Press. Il nuovo volume è dedicato espressamente alla cosiddetta mappa Vignelli, ovvero lo schema grafico delle linee disegnato dal 1970 dal famoso grafico milanese Massimo Vignelli. Questo mappa è il must assoluto nel settore; non è la sola famosa, la mappa londinese disegnata negli anni ’30 da Beck è senz’altro più nota, anche al pubblico generico, ma la mappa di Vignelli è quella più ricercata dai collezionisti. La sua ricercatezza è dovuta alla scarsa diffusione e durata della sua distribuzione parallelamente al suo grande valore estetico che l’ha resa un oggetto interessante anche al di fuori dei circuiti specializzati a chi s’interessa alla sola tematica dei trasporti su ferro. Questo ha causato la crescita del suo valore economico (rigorosamente per pezzi originali) che tocca le quotazioni solo delle mappe più antiche, come quelle create a Londra prima dell’avvento di Beck, nonostante sia stata stampata tra il 1972 e il 1978.

Mappa progettata da Bob Noorda ma mai usata.

Nel merito questa mappa rappresenta il culmine di quella rivoluzione estetica che coinvolse la subway newyorkese a partire dal 1966. Come già accennato in un precedente post, il tutto fu messo a punto dal team composto dallo stesso Vignelli, e il suo studio Unimark, e da Bob Noorda dopo il successo del progetto Milanese, in cui solo il secondo era direttamente coinvolto. Tutto ciò è perfettamente descritto in un altro volume, pubblicato l’anno scorso Helvetica and the New York City Subway System, di Paul Shaw. C’è da dire che a Milano non risulta al momento lo studio di alcuna mappa da diffondere al pubblico, progettata dal team Albini-Helg-Noorda nel 1964, fatto salvo uno studio per quelle da affiggere in stazione. Ne esiste una, di cui posto l’immagine, conservata alla Raccolta Civica Bertarelli di Milano; non ho mai trovato altre copie o aggiornamenti di questa mappa, né in biblioteche (non mi stupisce) né in vendita. Dal punto di vista grafico, la mappa milanese non sembra figlia di alcuno studio specifico, in parole povere non è esteticamente rilevante. Ci vorranno gli anni ’70 per avere delle mappe graficamente studiate e diffuse in quantità agli utenti, anche di queste vorrei inserire l’immagine, ma essendo grandi come quelle attuali il processo richiede più tempo. Comunque a Milano l’intero capitolo non è stato mai oggetto di uno studio pari a quello di Londra, Parigi, Madrid o New York, anche le ultime versione schematiche non sembrano rispondere a logiche precise né tanto meno standardizzate, chiave portante delle mappe che hanno ottenuto il maggior successo.

Milano: mappa affissa in stazione, prima versione del 1965.

Milano: prima versione nota di mappa distribuita al pubblico, probabilmente risalente al 1965 E’ ignota la diffusione. (Civica raccolta stampe Bertarelli)

Per quanto riguarda il libro, gli autori hanno focalizzato la loro attenzione alle sole mappe. Si parte con un’analisi storica delle due versioni standardizzate precedenti: la Hagstrom Geographic Map e la Salomon Modernist Diagram , la prima disegnata da Andrew G. Hagstrom creata nel 1942 e la seconda disegnata da George Salomon nel 1956, che rappresenta il primo abbozzo della riforma grafica della subway. Successivamente viene ampiamente trattata la genesi della mappa di Vignelli inserendola nel più ampio, ma generico, contesto dell’arrivo del modernismo europeo in America, soprattutto nella grafica. Interessante quanto scrive lo stesso Vignelli a proposito: “Our basic philosophy was that of providing the highest possible level of design service to the industry on the widest possible base of action. The common design philosophy was basically the one of the Bauhaus and Mies [van der Rohe] in particular. The attitude was for objectivity rather than subjectivity in design. The field of action was universal (Uni-Mark = universal market), with the idea of merging design and marketing needs (not wants!) of the world. […] Minimalism is not a style, it is an attitude, a way of being. It’s a fundamental reaction to noise, visual noise, disorder, vulgarity. Minimalism is the pursuit of the essence of things, not the appearance.” Nello specifico l’autore sottolinea come le peculiarità di questa mappa minimalista consistono nella completa astrazione dalla geografia reale dei luoghi, nella decisione di assegnare ad ogni linea un colore diverso, anziché raggrupparle in base al loro transito in Manhattan, oltre al già sperimentato uso di angoli e spessori prefissati.

Copertina della mappa “Salomon” della metropolitana di New York, 1959 (collezione dell’autore)

Copertina della mappa Vignelli del 1972 (collezione dell’autore)

La mappa Vignelli.

Autografo di Vignelli su una sua mappa. (collezione dell’autore)

Manca un riferimento preciso all’esperienza Milanese sebbene Noorda sia, diversamente, citato più volte. La monografia prende poi in considerazione la definizione dei dettagli della mappa e la loro evoluzione nel tempo; infatti sono proprio i nodi complessi, quelli dove più linee si sovrappongono, che causa i maggiori problemi nella stesura grafica della mappa. Nel volume viene anche descritto il progetto grafico per la metropolitana di Washington, opera dello stesso Vignelli. Infine viene descritta la mappa che dal 1979 sostituì quella di Vignelli, e che tuttora è in uso, con le sue vistose differenze come la forte componente geografica, il raggruppamento cromatico delle linee e l’assenza di qualsiasi elemento geometrico prefissato.

Il volume è senz’altro interessante e ben documentato, ricco di riferimenti e con ampia bibliografia e corredo di immagini a colori e bianco e nero. Pare dovesse far parte di una collana di volumi ognuno dedicato ad una delle mappe disegnate per New York. Certamente rientra in un filone che vuole riscoprire una storia estetica dei trasporti che sembra, finalmente, crescere soprattutto nei paesi anglosassoni, dopo una lunga egemonia dei soli aspetti ingegneristici delle metropolitane; un movimento di opinione utile anche, nel creare consapevolezza nei progetti presenti e futuri, si spera.

Sito casa editrice/Publisher website: http://ritpress.rit.edu/publications/books/vignelli-transit-maps.html

A new book about metro has been recently published; it describes the long history of the New York’s subway graphics: Vignelli Transit Maps, by Peter B. Lloyd with Mark Ovenden, published by Rit Cary Graphic Arts Press. This new volume deals exclusively with the so-called Vignelli map, the diagram of the subway lines drawn in 1970 by the famous Milanese graphic designer Massimo Vignelli. This map is a must-have in the field. This is not the only famous map, the London one designed in the ’30s by Beck is certainly better known, even to the general public, but the map of Vignelli is the most wanted by collectors. Its preciousness is due to the low uptake and duration of its distribution, parallel to its great aesthetic value that transformed in a very interesting for every design collector. This cause the continuous growth of its economic value (strictly for original pieces), that touches the quotes that only the oldest maps can reach.

The Vignelli’s map is the culmination of the aesthetic revolution that involved New York’s subway since 1966. This revolution was developed by Vignelli and its company Unimark, and Bob Noorda after the success of the project of Milan first metro line. This event is perfectly described in another book, published last year: Helvetica and the New York City Subway System by Paul Shaw.

The author has focused his attention only to the maps. He made an historical analysis of the two standardized previous version of the map: the Hagstrom and Salomon Modernist Diagram; the first one designed by Andrew G. Hagstrom created in 1942, and the second one designed by George Salomon in 1956, which represents the first part of the reform of the subway graphics. The genesis of the Vignelli map is described in the main section of the book, first writing about the arrival of European modernism in America, especially in graphics; the same Vignelli describes this event with these words: Our basic philosophy of providing Was that the highest possible level of service to the design industry on the widest possible basis of action. The common design philosophy was basically the one of the Bauhaus and Mies [van der Rohe] in particular. The attitude was for objectivity rather than subjectivity in design. The field of action was universal (Uni-Mark = universal market), with the idea of merging design and marketing needs (not wants!) Of the world. [...] Minimalism is not a style, it is an attitude, a way of being. It’s a fundamental reaction to noise, visual noise, disorder, vulgarity. Minimalism is the pursuit of the essence of things, not the appearance. “Minimalism consists in: complete abstraction from the correct geography of the city, the decision to assign a different color to each line, rather than group them according to their transit in Manhattan, and the use of 45 and 90 degree grid.

A reference to the experience of Milan metro is totally missed but Noorda is, otherwise, mentioned several times. The monograph considers then the definition of map detail and its evolution between 1972 and 1979. The complex nodes, where more lines overlap, cause the main problems in the graphic layout of the map. The book also describes the graphic design project for the Washington subway system, created by Vignelli himself. Eventually we find the description of the map created in 1979 to replace Vignelli’s map: it is the one still in use today. There are many striking differences between the two maps; the new one has a perfect geographical description of the city, lines colors are grouped and the whole geometrical design is missing. The book is certainly interesting and well documented, full of references and with an extensive bibliography, a huge collection of images both in color and b/w. Originally it should have been part of a series of books, each one dedicated to one of the maps drawn for New York subway. The trend that wants to rediscover the design and architectural history of transport seems, at last, to grow, especially in Anglo-Saxon countries, after a long hegemony of the engineering aspect.

© Minici Giovanni Luca – www.metroricerche.it, si accosente l’uso di questo articolo citandone l’autore.

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Dopo alcuni mesi di attesa sono riuscito ad avere una copia del volume Design in Transit edito dall’Institute of Contemporary Art di Boston nel 1967. Questo volume mi era stato fortemente consigliato perché avrebbe dovuto dimostrare che il primo intervento architettonico e grafico coordinato in un mezzo di trasporto su ferro fu pensato per la metropolitana di Boston. In realtà quello che emerge dalla lettura del testo è che Boston ha avviato il suo progetto solo dopo Milano e l’ha concretizzato nel 1965. Per Boston non si trattava di una nuova metropolitana, ma del riordino della sua piccola ma complessa rete di tram e treni parzialmente sotterranei che furono realizzati a partire dal 1897. Quello che è inequivocabile è che Boston ha preceduto New York in questo monumentale impegno di riordino, così com’è noto che per New York l’esperienza milanese fu fondamentale e implico il diretto coinvolgimento di Bob Noorda e del suo socio Massimo Vignelli.

Certamente, più di mille descrizioni, valgono queste inequivocabili immagini. Se si tratti di coincidenze, di comuni ispirazioni o di procedure ed esiti standardizzati dal comune pensiero grafico dell’epoca, le somiglianze sono evidenti. Sia nella conformazione, coloritura e caratteri delle strisce informative; così come nel dettaglio dello studio sul posizionamento in altezza con le visuali ottiche. Tutto sembra essere generato dalla stessa mente. Nel dettaglio il testo ci dice che:

“Late in 1964, the Directors of the Massachusetts Bay Transportation Authority then by General James McCormack, Board Chairman, began to modernize the system. […] Acting on a suggestion offered by 1963 Civic Design Committee of Boston Society of Architects, Thomas J. McLernon, then General Manager of the MBTA, and Roberto A. Keith, his Special Assistant, began a preliminary study of the possibilities of a major station improvement program.”


Quindi l’amministrazione dell’allora MBTA iniziò solo nel 1964 ad avviare un programma di rinnovamento, sulla spinta di alcune proposte nate nel 1963 da proposte di architetti. Albini fu nominato architetto per la Linea 1 nel 1961, dopo il cambio di giunta del 1960, subentrando ad Arrigo Arrighetti.

“The architecture and design firm hired in January, 1965, to implement this program was Cambridge Seven Associates, Inc., of Cambridge, Massachusetts. Conceiving the problem to be one of urban design, the architects suggested that city’s transit system forms its structure. Two aims were basic in their planning: to make this structure quickly comprehensible to the passenger; and to provide him with means for orientation within this structure.”

Dunque il contratto per il progetto di riqualificazione e modernizzazione vide la luce solo nel 1965, con progettisti lo studio Cambridge Seven Associates, oggi ancora operativo. (http://www.c7a.com/work/mbta-modernization).

Non resta che un confronto diretto tra i due progetti; ogni considerazione riguardo al rapporto tra quello americano e quello italiano non sono per ora noti, ma sicuramente sondabile.

Progetto grafico per Milano:

Progetto grafico per Boston:

Confronto tra l’analisi dei coni ottici per Boston e Milano.

© Minici Giovanni Luca – www.metroricerche.it, si accosente l’uso di questo articolo citandone l’autore. Le immagini della grafica della metropolitana di Milano provengono dalla rivista Domus, 1966


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Il 2013 le metropolitane compiono 150 anni di vita. La prima metropolitana entro in funzione a Londra il 10 gennaio 1863. Si trattava di un singolo tunnel tra le stazioni Paddington e Farringdon. Costruita scavando i tunnel e le stazioni dall’alto – metodo cut&cover – era gestita da una compagnia ferroviaria privata detta “Metropolitan Railway Company” a cui deve il nome che identifica questo sistema, anche se nel mondo anglosassone viene tutt’ora chiamata semplicemente underground (come da noi “la sotterranea”) o tube.

Per avere il primo tube si dovrà aspettare il 1890 – salvo un primo fallimentare esperimento nel 1870 – con la prima tratta costruita intermente in sotterraneo per opera della “City and South London Railway” (oggi Northern Line) tra le stazioni King William Street – poi chiusa – e Stockwell. Fu costruita con l’uso di scudi circolari, utili a proteggere gli operai, e il tunnel era costituito dall’assemblaggio di conci metallici; tale tecnologia è stata favorita dall’avvento della trazione elettrica che ha permesso l’eliminazione degli scarichi delle locomotive a vapore che spingevano i treni nelle prime linee, ha visto la luce sempre a Londra. Con l’avvento del tube, ma soprattutto della trazione elettrica, la metropolitana iniziò a diffondersi in tutto il mondo.

La metropolitana, da subito strettamente legata al contesto urbano ad alta densità, che il nome bene rispecchia, ebbe un lento approccio con l’architettura che in quel momento era già perfettamente integrata nella realizzazione dei grandi terminali ferroviaria; a Londra, su tutti, la grande stazione di St. Pancras realizzata in stile neogotico vittoriano nel 1861 ad opera dell’ingegnere William Henry Barlow. Le prime stazioni metropolitane erano lavori prettamente ingegneristici, con allestimenti semplici e dal gusto classico, giusto qualche lampione e panchina nelle banchine, e archi e lesene classiche sulle facciate; tra i protagonisti vi furono l’ingegner John Fowler e l’architetto Harry Warton Ford per la Distric Line, l’architetto Harry Bell Measures per la Central Line – anche in stile tudor – , e T. Phillips Figgis per la Northern Line. Sarà solo con l’entrata nel XX° secolo che vi furono i primi interventi consapevoli di architetti. Nell’era Edoardiana toccò all’architetto Leslie William Green disegnare la maggioranza delle facciate delle palazzine dove vi sono gli accessi alle stazioni profonde, tra il 1905 e il 1908. Infatti a Londra non vi era e non vi è tuttora l’uso delle scale di uscita poste lungo i marciapiedi, salvo rare eccezioni. Le uscite sono sempre state collocate in apposite palazzine di uno o due piani comprendenti spazi commerciali al piano terra, e uffici al livello superiore. Le loro caratteristiche peculiari sono le grandi aperture chiuse da archi a tutto sesto, i rivestimenti in piastrelle in terracotta lucida, di colore bordeaux all’esterno e verde nelle parti sotterranee, cesellate con fogge neorinacimentali, e alcuni inserimenti Art Nouveau soprattutto nelle parti metalliche; si tratta di uno dei primi esempi di disegno uniformato per le metropolitane.


STAZIONE COVENT GARDEN, OPERA DI LESLIE GREEN

Ma il vero punto di congiunzione tra architettura e metropolitane nasce a Parigi, che nel 1901 inaugura la prima linea della sua ampia rete, e affida gli aspetti estetici al maestro dell’Art Nouveau Hector Guimard. Le sue realizzazioni per le uscite delle stazioni, ma anche per il raffinato disegno delle maioliche che rivestono le banchine, non solo rimane la sua opera più nota, ma costituisce tuttora un simbolo parigino e un punto di riferimento assoluto nella progettazione infrastrutturale.


PORTE DAUPHINE A PARIGI, OPERA DI GUIMARD

Il primo modernismo, tuttavia, non riesce a spazzare via il gusto eclettico che constituirà ancora, fino agli anni 30 il paradigma. A Berlino, per opera dell’architetto svedese Alfred Granader (tra il tra il 1910 e il 1930), con le sobrie stazioni nel centro della città, con le colonne metalliche decorate da capitelli in ferro battuto in fogge Liberty o stampati nelle forme classiche; da citare anche le stazioni che riprendono il medioevo e rinascimento tedesco, tra le quali segnalare Heidelberger Platz per opera di Wilhelm Leitgebel (1913).


BERLINO, CAPITELLI METALLICI DI GRANADER


BERLINO, HEIDELBERGER PLATZ

A Budapest con la prima linea aperta nel 1896 – ad opera della Siemens & Halske, come per Berlino – realizzata in forme eclettiche e divenuta oggi Patrimonio dell’Umanità UNESCO; a New York dove l’aspetto architettonico è curato per la sola stazione City Hall (la cui foto è visibile nel primo post di questo blog), e nelle bande in ceramica che coronano le banchine delle altre fermate. Madrid segue Parigi soprattutto nell’allestimento delle banchine, introducendo grossi riquadri pubblicitari realizzati con piastrelle in rilievo anziché in carta o dipinti.


MADRID, STAZIONE FANTASMA DI CHAMBERI

Negli anni ’30, con il passaggio all’Art Dèco, e al modernismo europeo razionalista, con la sostanziale scomparsa di ogni aspetto decorativo a favore di forme dallo spiccato aspetto geometrico. Esempi sono le molte stazioni delle estensioni della metropolitana di Londra verso le periferie e le New Town ad opera dell’architetto Charles Henry Holden. Sempre a Londra arrivano i primi tentativi, peraltro molto riusciti, di studio degli aspetti grafici delle metropolitane, dapprima con la realizzazione del font Johnston, di Edward Johnston, nel 1916, e poi con lo schema grafico ad opera di Harry Beck, ancora oggi entrambi utilizzati e punto di paragone per tutta la produzione analoga.


LONDRA, STAZIONE RAYNERS LANE DI CHARLES HOLDEN

Caso a parte è costituito dalla metropolitana di Mosca, inaugurata nel 1935, figlia di un ambizioso progetto politico, fu realizzata con precisa volontà di grandezza per quello che era il trasporto del popolo. La conformazione della prima linea fu progettata dagli stessi ingegneri inglesi che realizzavano il tube di Londra, riproponendone la conformazione ma rivoluzionando la geometria delle stazioni, espandendone e razionalizzandone gli spazi. Invece di stretti tunnel che portavano dagli ascensori provenienti dalla superficie, attraverso piccole scale, verso le banchine, a Mosca fu introdotto l’uso massiccio delle scale mobili, solo da poco sperimentate a Londra. Le nuove stazioni composte da un atrio, un tunnel obliquo con le scale e tre tunnel paralleli – due per treni e banchine e uno di smistamento – semplificarono l’accesso a queste stazioni profonde. Ma quello che tuttora le rende uniche è la scelta di allestirle in uno stile neobarocco, con grandi lampadari in ferro, stucchi alle pareti, mosaici, pavimenti in materiale pregiato; stile che verrà riprodotto in tutte le reti dell’area sovietica.


MOSCA KOSMOLSKAYA

Nelle restanti nuove reti, come Chicago o Barcellona, e più avanti Stoccolma (1950), Roma (1955) e Lisbona (1959), e in generale per tutti gli anni ’40 e ’50, gli aspetti estetici verranno messi da parte per favorire un risparmio notevole nella realizzazione di queste infrastrutture, preferendo pareti intonacate, piastrelle perlopiù bianche, scarsa segnaletica, rari e monocromi mosaici e pavimenti in pietra dai colori scialbi.

L’ingresso nell’era contemporanea delle metropolitane si avrà grazie al progetto del team Franco Albini, Franca Helg, Bob Noorda a Milano nel 1964 con il ritorno dell’architettura, nello specifico funzionalista e modernista post-bellica. La progettazione integrale, dall’allestimento alla segnaletica, secondo principi razionali studiati nel dettaglio, l’uso di materiali innovativi (il pavimento in bolli neri, molto utilizzato fino a tutti gli anni ’80 è stato creato apposta per la Linea 1 di Milano), l’uso del colore dominante, di un font apposito e di icone identificative vede in questo progetto la prima applicazione totale, dopo i primi tentativi di Londra.


Dagli anni ’60 l’approccio usato a Milano diverrà il filo conduttore di molte nuove realizzazioni – San Paolo, Vienna, Brasilia, Washington – e di alcuni rinnovamenti – Boston nell’immediato e Madrid ancora oggi. Soprattutto lo studio della grafica e della segnaletica, e l’uso di materiali innovativi e facilmente gestibili come i pannelli removibili, sono man mano diventati uno standard. Stoccolma costituisce, in apparenza, un caso a parte, ma sebbene la scelta di affidare ad artisti il completamento delle stazioni, e la loro conformazione unica – come caverne – lo standard dell’allestimento rispecchia sempre le regole funzionaliste introdotte nel 1964 a Milano.


MADRID TRIBUNAL OGGI


STOCCOLMA CENTRAL, STAZIONE SULLA LINEA PIU’ RECENTE (1975)

L’ultima fase è rappresentata nasce, nuovamente, a Londra con la scelta di assegnare a differenti studi architettonici di prestigio il progetto delle undici stazioni del prolungamento della Jubillee Line, 1999, come Norman Foster (Canary Wharf). Segue Lisbona con le opere di Alvaro Siza Vieria (stazione Baixa-Chiado) o gli esperimenti innovativi francesi di Lilla. Con questa fase l’attenzione agli aspetti architettonici delle metropolitane si avvia a diventare la norma. In alcuni casi come la stazione Drassanes di Barcellona diventano prove di design, in altri casi, come Napoli, campo per l’applicazione di opere artistiche estese, esperimenti già effettuati in maniera ridotta a Bruxelles o come anticipato a Stoccolma. Nella maggior parte dei casi la prassi funzionalista, ovviamente aggiornata, che propone ancora la standardizzazione dell’allestimento e lo studio dettagliato della segnaletica e dei dettagli si avvia a diventare norma consolidata, investire nell’aspetto estetico di una metropolitana, anche percentuali relativamente rilevanti non è più un tabù.


LONDRA JUBILEE LINE, CANARY WHARF

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